Questo il tempo necessario a Pieve di Soligo, a 18 anni dal decesso di Natale Dovigi perché la causa contro l’Usl di Vicenza arrivi una svolta con la Suprema Corte a chiedere al giudice d’appello di aumentare le somme per discendenti e compagna. Natale morì per colpa di un anestesista. E non è ancora finita. Francesca e Roberta, figlie di Natale Dovigi, non sono state risarcite in modo adeguato per la perdita del padre, avvenuta il 9 aprile 1998 in seguito alle complicazioni di un incidente in campagna, e a un trattamento sanitario erroneo per il quale è stato condannato l’anestesista dell’ospedale di Vicenza. Lo ha deciso la Cassazione con una sentenza di pochi giorni fa, stabilendo che il ricorso delle figlie (e dell’allora compagna della vittima) sia ritrasmesso alla Corte d’Appello di Venezia. La dolorosa vicenda si apre il primo aprile, quando l’uomo viene investito dal trattore di proprietà di un’azienda agricola. Trasportato all’ospedale di Vicenza, i medici decidono per un’operazione ritenuta necessaria a salvargli la vita: l’amputazione dell’avampiede sinistro. Il 9 aprile, giorno dell’operazione, qualcosa va storto, e il signor Dovigi resta sotto i ferri: una conclusione drammatica che getta nello sconforto le figlie, titolari di una profumeria a Pieve, e la compagna. Dopo lo choc per l’accaduto, i familiari decidono di vederci chiaro, e nel 2000 agiscono per il risarcimento dei danni nei confronti della ditta proprietaria del trattore, dell’anestesista dell’ospedale e dell’Usl6 di Vicenza. La sezione di Conegliano del Tribunale di Treviso condanna l’anestesista al pagamento di 134.500 euro a favore delle due figlie, i soci dell’azienda agricola al pagamento di 155.353 euro alla compagna, e l’assicurazione dell’Usl6 al risarcimento di 20mila euro ciascuna alle due figlie, cifra poi portata a 32 mila euro dopo il ricorso delle stesse in Corte d’Appello. Troppo poco, secondo le due donne, per chi ha perso il padre in condizioni così drammatiche, e non in seguito all’incidente, ma otto giorni dopo il fatto, mentre era in cura all’ospedale. La Corte di Cassazione ha accolto il motivo principale: «La corte di merito dichiara di voler applicare le tabelle milanesi del 2011 sui criteri di liquidazione, ma liquida un importo certamente inferiore al minimo previsto in tali tabelle». Ricorso accolto, quindi, tutto da rifare, e importi del risarcimento da ristabilire.

Gian Nicola Pittalis

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