La pesantissima crisi delle banche italiane, che vede fra i protagonisti anche la Popolare di Vicenza e la montebellunese Veneto Banca, ha un costo ben preciso: 10 miliardi di euro, un conto che viene spalmato sugli asset finanziari del Paese. Ovvero sul Fondo di Risoluzione e sul Fondo Atlante, i due strumenti “di salvataggio” foraggiati con risorse chiesto al resto del sistema bancario.

Come analizza Pressreader.com, restando sui dui soggetti veneti, la Popolare di Vicenza e la Veneto Banca avevano a giugno 2016 rispettivamente 9,4 e 7,9 miliardi di crediti deteriorati lordi, su 23 e 21 miliardi di impieghi. E ad oggi, anche dopo il pur notevole lavoro di pulizia e risanamento già eseguito, ognuno dei due istituti soffre 5 miliardi di prestiti malati, al netto degli accantonamenti. Un conto salatissimo, il cui quadro peggiora ulteriormente se pensiamo che il quadro attuale significa sopportare gli oneri straordinari per le banche malate: quasi un’impresa per due istituti già afflitti da scarsa redditività.

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Il malcontento fra i sottoscrittori del Fondo Atlante è ormai tangibile, e l’attesa per l’agognata fusione tra le due banche si sta facendo spasmodica: oggi i due consigli d’amministrazione paralleli approvano il piano operativo da presentare in Banca d’Italia prima e da passare al vaglio della BCE poi.