«Abbiamo semplicemente capovolto la piramide»: così Arianna Toncelli spiega la rivoluzione avvenuta in Breton, l’azienda di Castello di Godego tra le eccellenze mondiali in macchinari per il taglio della pietra naturale (marmo e granito) e per centri di lavoro ad alta velocità, oltre che produttrice di impianti per la pietra composita, il brevetto BretonStone: qui non esistono più settori “blindati”, niente capi o dirigenti di comparto.

Una nuova idea
Un nuovo progetto vede infatti la compartecipazione di diverse professionalità, un team di dieci-quindici persone che seguono tutte insieme il cliente: dal punto di contatto, ai progettisti, agli ingegneri di vendita, ai pianificatori di produzione, al controllo qualità. Tutti intorno allo stesso tavolo e con un unico obiettivo: arrivare quanto prima alla definizione del progetto e alla sua consegna. «Abbiamo iniziato due anni fa» spiega Arianna, 26 anni, responsabile management strategico di Breton, la terza generazione della famiglia Toncelli, essendo la figlia di Luca che con il fratello Dario hanno raccolto l’eredità del fondatore Marcello «non è di per sé una cosa nuova, nel senso che si ispira al sistema Toyota che vedeva appunto la condivisione della progettazione. Ha sempre funzionato per i prodotti standardizzati. Abbiamo voluto vedere se gli stessi concetti funzionavano anche per la creazione di prodotti personalizzati».

Core Business
È questo infatti il core business della Breton: creare macchinari in grado di rispondere alle specifiche esigenze produttive. Che possono essere i portelloni della Boeing, i pezzi in fibra di carbonio per le monoposto Formula 1 di Red Bull. Una evoluzione che per Claudio Saurin, manager dell’azienda godigese che segue questo mutamento, corrisponde alla differenza tra una orchestra sinfonica e una jazz: «Nella prima c’è un direttore al centro e gli strumentisti ai suoi comandi, mentre nella seconda i ruoli di guida e gregari sono intercambiabili. Si ottiene una resposabilità condivisa e una identità di obiettivi che si coniuga con una ottima capacità di adattamento alle variabili». Quindi fuori dalla porta i dirigenti? «No, è cambiato il loro ruolo che è quello di coordinare (invece di controllare) ed essere garanti del processo. I vantaggi si vedono sotto diversi aspetti: ad esempio lavorando con persone diverse si comprendono meglio le rispettive difficoltà. E questo permette di risolvere anche i classici conflitti interni aziendali».
Il Dna Italia
Già, perché nel Dna italico la condivisione è estranea: «Noi italiani siamo creativi di grande valore – spiega il responsabile marketing Sergio Prior – ma non riusciamo proprio a fare sistema: fatichiamo a fare consorzi tra imprese, siamo ognuno gelosi delle capacità dell’altro. Invece è proprio la condivisione che rende più competitivi». Per questo per Arianna Toncelli si deve cominciare ad insegnare all’università il ribaltamento della piramide: «Ho visto la differenza tra l’università italiana dove ho frequentato la triennale in Finanza e quella olandese dove ho conseguito la specializzazione in management dell’innovazione: da noi gli appunti ce li teniamo stretti, in Olanda li pubblicano sul gruppo Facebook».

Gian Nicola Pittalis

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