“Bastardi Islamici”, “Macellai Islamici”, “Questo è l’Islam”, “Vietato illudersi l’Islam è il nemico”

Questi sono solo alcuni dei titoli di giornale in prima pagina in seguito ad attentati terroristici: demagogia, diffusione del terrore o semplice cronaca?
Oramai ogni giorno veniamo bombardati da messaggi più di parte che di cronaca, come se il mestiere del giornalista fosse banalmente diventato simile all’esprimere la propria opinione soggettiva, senza più criterio obiettivo nel rileggere la realtà.

Quello che è evidente mancare alla stampa quotidiana di oggi è la libertà che dovrebbe portare il giornalista a trovare la verità
ovunque essa si trovi, senza cavalcare l’onda dell’odio e della paura; è proprio questo che accade, invece: al terrore causato dagli
attentati si uniscono il sospetto e il rifiuto nei confronti dello straniero perché la stampa tenta di assecondare quel filone populistico che piace molto alla politica odierna.

La stampa quotidiana affronta, dunque, la paura del terrorismo in modo quasi fanatico, trasformando il giornalismo, non più in missione dettata da una vocazione verso la verità, in qualcosa di distorto, privo di senso critico e spesso servile nei confronti del potere.

La demagogia nel raccontare il terrorismo parte dalla mancanza di rispetto nei confronti del lettore che dovrebbe essere informato correttamente e questo può avvenire solo perseguendo e inseguendo la verità della notizia che è ovviamente approssimativa perché ci si avvicina solo attraverso una ricerca continua ed obiettiva. È evidente che oggi la stampa, da strumento di informazione oggettiva è diventata mezzo di diffusione di interpretazione soggettiva, quello che Nietzsche aveva paventato con il trionfo della postmodernità affermando che “non ci sono fatti ma solo interpretazioni”.

Ecco che allora il giornalista dovrebbe sempre ricordarsi di fare prima di tutto servizio pubblico, rimanendo curioso nei confronti delle persone e delle cose, umile nel senso di non mettere davanti alle notizie e ai fatti la sua opinione personale e mantenendo la propria dignità al riparo dal becero servilismo; solo in questo modo il messaggio che arriverà al lettore sarà privo di filtri, genuino e potrà essere elaborato in modo autonomo dall’intelligenza di ciascuno.

Valeria Genova

chiave di sophia

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