Non c’è tregua né pace per Veneto Banca. Come avevamo anticipato sul nostro numero cartaceo in edicola, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”; infatti, nonostante i buoni propositi e le promesse della nuova dirigenza, le azioni della banca di Montebelluna sono andate a picco e stanno mettendo nel panico gli azionisti, sia piccoli che grandi. Fino a ieri, le azioni Veneto Banca valevano  30,50 euro ciascuna. Fino allo scorso aprile, addirittura, 39 euro e 50 centesimi. Ora valgono solo (e la notizia è arrivato solo poco dopo le 23.00 di ieri) 7 euro e 30 centesimi. Questo vuol dire che chi esce butta al vento oltre l’81% del proprio investimento (ammesso che abbia comprato quando il valore era al top). Tra le associazioni dei piccoli azionisti si sta ragionando sull’ipotesi di “boicottare” la trasformazione in Spa, votando «no». Comunque sia questa è la cifra ad oggi, specificatamente è il valore delle azioni per i soci che chiederanno di avvalersi del diritto di recesso, perché più che un diritto, il recesso è una strada in salita, con paletti precisi fissati da Banca d’Italia su input del Governo. Nel pomeriggio di ieri Cristina Rossello è stata nominata nuovo vicepresidente di Veneto Banca. Avvocato cassazionista, per oltre quindici anni segretario del patto di sindacato di Mediobanca, Rossello va a ricoprire la carica che fu di Alessandro Vardanega, dimissionario poche settimane fa. Il timore, adesso, è di una fuga generalizzata (come avevamo anticipato) che dissangui il patrimonio della banca. Insomma, i soci potranno essere obbligati a rimanere se questo sarà necessario per scongiurare una riduzione del capitale sotto l’asticella fissata dalla vigilanza bancaria unica esercitata dalla Banca centrale europea. Si preannunciano giorni caldi in vista dell’assemblea straordinaria del 19 dicembre, chiamata ad approvare la trasformazione in Spa, l’aumento di capitale da un miliardo di euro e la quotazione in Borsa. Ma se i presupposti sono questi c’è ben poco in cui sperare.

 

Gian Nicola Pittalis

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