Pensato come l’opera pubblica salvifica per antonomasia, quella che dovrebbe impedire all’Adriatico di risucchiare la più bella città al mondo, il Mose per il momento si sta rivelando una catastrofe senza confronti. Mentre il maxi-processo per corruzione e finanziamento illecito pare inesorabilmente destinato a concludersi in una bolla di sapone a causa del sopraggiungere dei termini di prescrizione, all’orizzonte si prospetta un incubo ancor più nero: il cedimento strutturale dell’opera.

Il luminare metallurgico Gian Mario Paolucci, docente all’Università di Padova incaricato di eseguire una perizia sulle criticità tecniche del Mose, ha infatti appena presentato una relazione-shock al dirigente capo del Provveditorato alle Opere Pubbliche, Roberto Linetti: sembra che l’opera, costata 5 miliardi e mezzo di euro, si trovi seriamente a rischio di perforazioni da corrosione (per intenderci, un fenomeno similare a quello che colpisce le carrozzerie delle auto dopo alcuni anni di esposizione alle intemperie), a causa della scarsa protezione catodica offerta dalle cerniere. Dell’acqua salmastra si sarebbe già infiltrata, corrodendo una delle lamiere laterali e prospettando così la necessità cronica di sostituire con regolarità anche quei componenti che nel progetto originale sarebbero dovuti durare a lungo.

In termini tecnici, il peccato originale cui va ascritta l’insufficiente tenuta stagna delle cerniere consiste nel mancato impiego di acciaio superduplex, quello che in origine era stato caldamente suggerito dai test di laboratorio. Al momento di andare in opera, le imprese costruttrici hanno rimpiazzato il superduplex con un tipo d’acciaio più semplice, un acciaio rivestito, come raccontato da Linetti e Paolucci. Agghiacciante.

Se poi al deficit della struttura metallurgica aggiungiamo la ruggine che ha già intaccato i tensionatori, possiamo facilmente prefigurarci la gatta che si troverà a dover pelare chi vincerà l’appalto per gestire il Mose: in poche parole, la manutenzione straordinaria rischia di diventare ordinaria. Un incubo oggi, un bagno di sangue domani.