Cara Italia, siamo rimasti in 16, come del resto era sempre stato negli ultimi vent’anni. Prima ancora, dal 1980 al 1992, le squadre partecipanti agli Europei erano addirittura 8 e dal 1960 al 1976 si giocava solo la final four. È un po’ come quando, a metà dicembre, le squadre più forti entrano nel tabellone della Coppa Italia cominciata ad agosto, o quando a marzo la Champions League entra nel vivo. L’unico problema è che stavolta nella parte di sopra del tabellone mancano solo Gibilterra e la rappresentativa delle Guardie svizzere, mentre in quella di sotto – la nostra – spicca l’assenza dell’Argentina attuale e del Brasile del ’58.

Un po’ di storia

Detto ciò, basta lagne: chi va al mulino s’infarina e chi va agli Europei deve battere la Spagna (unica delle Nazionali partecipanti con cui abbiamo in bilancio in pareggio: con tutte le altre siamo in vantaggio negli scontri diretti). Sono cinque anni e cinque partite che non vinciamo con loro, e al netto dell’amichevole agostana del 2011 in cui battemmo le loro riserve (2-1 a Bari, gol di Montolivo e Aquilani con Prandelli in panchina e Cassano capitano) bisogna risalire ai Mondiali del ’94 (2-1 a Boston, gol dei due Baggio, con Sacchi in panchina e Maldini capitano) per trovare una nostra vittoria in una competizione internazionale. Ma nessun incubo può durare per sempre, e siccome li abbiamo contro anche nelle qualificazioni mondiali (andata a Torino il 6 ottobre, ritorno in Spagna a settembre 2017) sarà bene svegliarci in fretta.

Gian Nicola Pittalis

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