Dopo la morte della giovane ivoriana nel Centro di Prima Accoglienza di Cona (VE), la reazione politica più veemente arriva dritta dal governatore Zaia. “I Centri di accoglienza come Cona devono chiudere subito” , ha tuonato il presidente della Regione, “Le cooperative sociali fanno più affari che accoglienza”.

In effetti, la tragedia di Cona rappresenta la punta drammatica di un iceberg costruito su disorganizzazione, luoghi comuni e tanto business. La prima è causa di assurdi sovraffollamenti come quello del CPA di Cona, i cui oltre 1500 rifugiati vanno a comporre una sorta di “città parallela” decisamente più popolosa della minuscola comunità urbana ospitante, un paesino di 2.985 anime. E se prendiamo in considerazione il solo centro abitato di Conetta, ossia la frazione dov’è ubicato il Centro Accoglienza, il numero degli autoctoni scende a 190 residenti. Una sproporzione francamente inaccettabile, che segue il trend regionale della sovraccoglienza, denunciato dallo stesso Luca Zaia: “A oggi in Veneto sono arrivati trentamila immigrati, di cui tredicimila ancora ospitati. La nostra quota, se si calcola il 3 per mille sulla popolazione, sarebbe quindicimila, ma ne abbiamo già avuti il doppio ed è impensabile continuare con questo metodo”.

Vittime di annosi luoghi comuni sono invece gli stessi profughi, nei confronti dei quali la malinformazione ha creato un sentimento popolare di astio diffuso: i famosi “35 euro al giorno”, infatti, non entrano affatto nelle tasche dei rifugiati, bensì nelle casse delle Cooperative sociali appaltatrici dell’amministrazione dell’accoglienza. Un CPA con 1500 ospiti, come Cona, incassa 52.500 euro al giorno oltre IVA, che su base mensile superano decisamente il milione e mezzo di euro: ordini di grandezza che forniscono agli appalti fin troppo margine per fare business.

imageAi rifugiato ospitati nei centri, i servizi-base che ogni cooperativa è tenuta a garantire sono:

  • lavanderia
  • assistenza generica alla persona
  • pulizia giornaliera e periodica dei locali e degli arredi
  • disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e deblattizzazione delle superfici
  • raccolta e smaltimento dei rifiuti
  • erogazione di tre pasti al giorno
  • effetti adeguati al posto occupato quali materasso, cuscino, lenzuola, federe e coperte, periodicamente cambiati dai servizi di lavanderia
  • abbigliamento idoneo alla stagione
  • prodotti periodici per l’igiene personale (sapone, dentifricio, carta igienica)
  • erogazione del “pocket money”: si va da 2,00/2,50 euro quotidiani pro-capite (a seconda della regione) fino ad un massimo di 7,50 euro pro-die per nucleo familiare, da erogare sotto forma di buoni spendibili in strutture ed esercenti convenzionati, o di carte prepagate da utilizzare a seconda delle necessità dell’ospite (ricariche telefoniche, snack, riviste, sigarette, fototessere, biglietti per il trasporto pubblico)
  • servizi per l’integrazione culturale (mediazione linguistica, informazioni generiche, assistenza socio-psicologica).

Infine, ad ogni profugo viene fornita un’unica ricarica telefonica da 15 euro alla data del suo ingresso nella struttura. Nel numero di febbraio aspettavi lo speciale di Notizie Plus sulla problematica dei Centri di Prima Accoglienza.