Per quanto fosse tragica di per sé l’operazione Aktion T4, essa non fu altro che il preludio a ciò che passò alla storia come “la soluzione finale”. Con questo termine agghiacciante viene ormai genericamente identificato lo sterminio di quelle che il regime nazifascista definiva razze inferiori; non solo le persone di religione ebraica, ma anche neri, rom, nomadi, omosessuali, e chiunque non fosse in grado di produrre per il regime vennero sterminati. WP_20160122_14_31_38_ProIl tutto avvenne nel più grande silenzio che la storia ricordi e con un’efficienza che stupì anche le truppe di liberazione. Ogni internato era registrato, schedato, provato e poi destinato alle camera a gas o al lavoro forzato; la conclusione era comunque sempre la stessa: la morte. I primi preparativi si ebbero con i campi di concentramento, nella realtà luoghi di detenzione (dai quali, scontata la pena, si poteva paradossalmente uscire) destinati a contenere dissidenti e oppositori politici. Il primo campo di concentramento fu Dachau, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler, con una decisione presa appena un mese dopo la presa del potere di Hitler (30 gennaio 1933). Il campo era situato nei pressi della cittadina di Dachau, a circa 16 km a nord-ovest di Monaco di Baviera, nel sud della Germania. Dachau servì da modello a tutti i lager nazisti eretti successivamente; fu la “scuola dell’omicidio” delle SS (schutzstaffeln totenkopfverbände ossia squadre di protezione “testa di morto” per via del teschio con le tibie incrociate sopra che ne distinguevano il ruolo) che esportarono negli altri lager “Lo spirito di Dachau”; il “terrore senza pietà”.

Nel campo transitarono circa 200.000 persone e, secondo i dati del Museo di Dachau, 41.500 vi persero la vita. I deportati in arrivo al lager percorrevano una larga strada curata, la Lagerstrasse, al termine della quale era situato il cosiddetto Jourhaus, la “porta dell’inferno”, il simmetrico edificio del comando di campo con una posticcia torretta di guardia sul tetto.WP_20160122_14_29_58_Pro All’entrata una frase divenuta tristemente famosa:  Arbeit macht frei (il lavoro rende liberi). Centinaia di migliaia di prigionieri varcarono quel cancello con quella scritta, di molti di loro non è rimasto letteralmente nulla. Un campo di sterminio, in lingua tedesca Vernichtungslager, è, invece, un campo il cui scopo unico o principale è quello di uccidere i prigionieri che vi giungono. Questi centri di annientamento furono creati a guerra già iniziata. Nati sulla base di un complesso ed efficiente programma organizzativo, i campi di sterminio nazisti causarono la morte di circa sei milioni di ebrei e costituiscono l’unico caso nella storia di struttura detentiva studiata appositamente, secondo tecniche scientifiche e pianificazione di tipo industriale, per distruggere un’intera popolazione sulla base di concezioni ideologico-razziali senza distinzioni tra uomini, donne, vecchi e bambini. Alla fine dell’anno 1941, comunque, non era ancora stata presa una decisione definitiva a favore di uno sterminio sistematico degli ebrei; anche due settimane dopo la conferenza di Wannsee, il 4 febbraio 1942 (la conferenza che, di fatto, trasformo in realtà l’incubo finora solo immaginato), c’erano molti gerarchi favorevoli  alle deportazioni in massa nelle regioni artiche.  Un campo di sterminio, in lingua tedesca Vernichtungslager, è, invece, un campo il cui scopo unico o principale è quello di uccidere i prigionieri che vi giungono. Questi centri di annientamento furono creati a guerra già iniziata. Nati sulla base di un complesso ed efficiente programma organizzativo, i campi di sterminio nazisti causarono la morte di circa sei milioni di ebrei e costituiscono l’unico caso nella storia di struttura detentiva studiata appositamente, secondo tecniche scientifiche e pianificazione di tipo industriale, per distruggere un’intera popolazione sulla base di concezioni ideologico-razziali senza distinzioni tra uomini, donne, vecchi e bambini. Alla fine dell’anno 1941, comunque, non era ancora stata presa una decisione definitiva a favore di uno sterminio sistematico degli ebrei; anche due settimane dopo la conferenza di Wannsee, il 4 febbraio 1942 (la conferenza che, di fatto, trasformo in realtà l’incubo finora solo immaginato), c’erano molti gerarchi favorevoli  alle deportazioni in massa nelle regioni artiche.  WP_20160122_14_30_24_Pro La macchina dello sterminio si era solo messa in moto e andava ancora rodata. I gas di scarico non sempre erano letali e impiegavano troppo tempo per asfissiare i condannati, tanto che persino i Sonderkommando (ebrei costretti al macabro compito di scaricare e pulire il mezzo e della sparizione dei cadaveri attraverso inceneritori o gettandoli, spesso ancora vivi, in fosse comuni e la cui durata di vita era molto breve per evitare che le voci delle gassazioni si diffondessero) si erano lamentati della procedura.

Oltretutto, il sistema non permetteva di superare il migliaio di condannati al giorno. Serviva una procedura più rapida ed efficace.  Era l’alba di Sobibór , Treblinka, Majdanek Auschwitz – Birkenau. L’Italia non fece mancare il suo appoggio. Nel 1943, le truppe naziste presenti occuparono la vecchia risiera e la tramutarono nell’unico campo di sterminio (con forno crematorio) in territorio italiano, a pochi km da Trieste. dataIntanto la macchina nazista si muoveva. I Gaswagen stavano per essere sostituiti dalle docce, le fosse comuni dai forni crematori, i gas di scarico dal famigerato Ziklon B, molto più letale. Stava per essere costruita la più efficiente macchina dello sterminio programmato: Auschwitz – Birkenau.

Gian Nicola Pittalis