L’ultima volta è stata due mesi fa. «Abbiamo sentito un boato. I vicini sono venuti ad avvisarci che era caduto qualche coppo, ormai sono abituati», racconta Gianni Marchi, abitante a meno di trecento metri dal laghetto che delimita la fine della pista dell’aeroporto Canova. Avere gli aerei che in fase di atterraggio pare entrino dalle finestre è ormai un’abitudine, allo stesso modo il tetto come un groviera. Domenica pomeriggio la goccia che fa traboccare il vaso:  un volo Ryanair ha portato via, con il risucchio d’aria, dieci metri quadrati di coppi. «Negli anni ho speso in tutto 50 mila euro per sistemare la copertura della mia casa, adesso basta. Troppi soldi, non ne vale più la pena. Anche perché ho continuamente chiesto contributi, certificato l’accaduto con i vigili del fuoco e presentato denunce, ma niente – racconta sconsolato Marchi – e non posso nemmeno mettere a posto il tetto perché la mia casa ricade nel territorio del Parco del Sile». Pronta anche la replica del sindaco Mauro Dal Zilio. «Riceviamo una ventina di segnalazioni all’anno, non tantissime rispetto agli episodi che si verificano. Ormai la gente è rassegnata». Il primo cittadino ha scritto ad Aertre per chiedere l’attivazione della procedura di risarcimento dei danni, soprattutto in fase di atterraggio, sul modello del “Vortex repair scheme” degli aeroporti di Londra. «Il gestore aeroportuale continuerà a fregarsene – conclude Dal Zilio – ma noi non molliamo».

Gian Nicola Pittalis

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