Dalle stanze di Ca’ Sugana a Notizie Plus di febbraio: un’autorevole voce ci spiega con dovizia di paricolari perché il centrosinistra sia categoricamente contrario al referendum per l’autonomia. Abbiamo raccolto un’esclusiva dichiarazione del noto docente Anna Caterina Cabino, assessore all’istruzione e alla formazione presso la Giunta Comunale di Treviso, e titolare di deleghe in materia di servizi demografici, appalti e contratti, politiche su migrazione e immigrazione, trasparenza e agenda digitale.[s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)]

IL SENSO DEL REFERENDUM. “Intanto bisognerebbe intendersi sul contenuto del quesito referendario. Un referendum è una cosa seria e investire 14 milioni di euro per un’operazione di marketing mi sembra decisamente troppo. Di certo si sa soltanto ciò che il referendum consultivo non conterrà. Il quesito non potrà riguardare il trattenimento in Veneto delle tasse versate dai cittadini veneti, non potrà decidere le modalità del loro investimento. Tanto meno riguarderà l’anacronistica richiesta di indipendenza. Tutte formulazioni respinte dalla Corte Costituzionale. Su questo bisognerebbe essere chiari e invece i piani si confondono e i cittadini andranno a dire sì o no al nulla.”
IL VALORE DELL’AUTONOMIA. “Tutto questo di fronte ad una questione estremamente centrale: l’autonomia è responsabilità e in quanto tale la Costituzione prevede forme e criteri che riconoscono il ruolo delle Regioni all’interno dei principi di solidarietà e rispetto del popolo italiano che è, nella sua unità, il sovrano nella nostra democrazia.”
ESEMPI VIRTUOSI. “Esistono gli strumenti (la Conferenza Stato – Regioni) che consentono di esercitare l’autonomia nella forma più piena e coerente con i principi del nostro ordinamento e nelle materie previste dal Titolo V che il recente referendum costituzionale ha pienamente confermato. Si tratta di guardare agli esempi virtuosi (la Scuola in Trentino, certamente, ma anche le tante esperienze sul campo delle Scuole delle Regioni a Statuto ordinario) che nella pluralità linguistica e nella valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, veicolano un messaggio di apertura all’Europa e di stretta connessione con gli interessi nazionali e i principi dell’ordinamento giuridico della repubblica.  Nulla a che vedere dunque con la recente trovata della “lingua veneta” (che è un danno per la stessa tradizione del nostro territorio).”
FARE BUONA POLITICA. “Non si fa buona politica grazie al fatto che si è una Regione a Statuto speciale. Si fa buona politica quando si è in grado di governare il cambiamento in atto, anche quando le scelte sono scomode, di rispondere ai problemi dei cittadini in maniera chiara, assumendosi la responsabilità delle decisioni (penso ai problemi ambientali, – perché senza una politica di tutela del suolo e dell’ambiente nessuna politica turistica è possibile – , alla questione dei rifugiati, e, ma proprio per ultima, alla questione della “lingua veneta”, presentata come la grande novità in termini di indirizzo della politica scolastica da parte della Regione Veneto). Si fa buona politica quando si comprende che l’autonomia è una cosa seria che ha senso solamente nella relazione tra le istituzioni, altrimenti si trasforma in isolamento che oltre che impossibile è anche antistorico.”
TUTTO BENE DUNQUE? “No, non credo: c’è ancora lavoro da fare, c’è da riflettere insieme sulle prospettive di sviluppo del nostro modo di stare insieme, sulle maniere di consentire risposte più immediate ai problemi dei cittadini da parte di chi è più vicino, come i Sindaci, e spesso direttamente investito anche di responsabilità non sue, ma penso anche che non vorrei che al cosiddetto centralismo statale si sostituisse un centralismo regionale, ancora peggiore.” [/s2If]