Separazione Venezia – Mestre; si o no. Se ne parla ormai da decenni, ma, dopo le promesse elettorali, Brugnaro stoppa tutto e, rivolto ai separatisti, urla: «Richiesta illegittima, assurda e fasulla» Maggioranza d’accordo tranne Scarpa. M5S e Pd, molti gli astenuti.

No alla separazione. Il Consiglio comunale liquida la pratica in poco più di tre ore. E approva a larga maggioranza (22 sì, 6 no, 4 astenuti, 4 non votanti) la delibera proposta dal sindaco Brugnaro con il parere chiesto dalla Regione sul referendum. Parere «negativo». «È illegittimo, assurdo e fasullo. Vogliono dividere le città per puri calcoli meschini e personali. Per avere la visibilità che altrimenti non avrebbero. State raccontando alla gente un sacco di balle. Finché ci siamo noi, il Comune non sarà diviso». Brugnaro insiste. Cita il parere dell’Avvocatura regionale e altri pareri di costituzionalisti che definiscono il referendum «illegittimo». Dà la parola al suo vicecapo di gabinetto Derek Donadini che sintetizza così: «La legge regionale si applica soltanto ai comuni non metropolitani. Per gli altri vale la legge Delrio. Cioè a decidere la separazione può essere soltanto il Comune interessato. Il referendum si farà dopo». E intanto la città si divide tra chi vuole la separazione e chi no. Noi abbiamo sentito entrambi i pareri.

 

I favorevoli

«Il referendum si può fare». Sono le parole dell’avvocato Stefano Chiaromanni Presidente del Movimento Piero Bergamo quando ha presentato otto pagine di osservazioni al documento votato da Ca’ Farsetti. Gli autonomisti mestrini contano sulla Regione, cui spetta l’ultima parola e restano convinti che la divisione di Venezia in due comuni distinti possa portare vantaggi sia sul piano economico, con minori costi di gestione, che su quello della gestione politica della terraferma che, come sottolinea ancora Stefano Chiaromanni, negli ultimi anni è stata dimenticata dalle amministrazioni di Ca’ Farsetti. L’obiettivo dei separatisti, insomma, è realizzare un volume collettivo che raccolga i pareri giuridici a sostegno della legittimità del referendum per la separazione, nonostante l’entrata in vigore della Città metropolitana. Tra le altre idee lanciate dai mestrini la realizzazione di un manifesto per l’autonomia di Mestre da far firmare ai rappresentanti di diverse parti politiche. Un “Manifesto per il doppio sì” lo chiamano i separatisti, vale a dire un sì per il referendum e un sì per la separazione. «Un documento trasversale, ancora in preparazione», dice Chiaromanni, «da far sottoscrivere a personalità della società civile e a politici di varia estrazione». Gli fa eco Marco Sitran portavoce del movimento Due Grandi Città. «Il sindaco si metta il cuore in pace. “Quattro sfigati” hanno già dimostrato che la divisione porterà minori costi amministrativi in linea con la Spending Review, dando cittadinanza a due realtà tenute insieme forzosamente solo per spremere Venezia, senza alcun ritegno e impedire lo sviluppo di una città. I cittadini si pronunceranno presto». Intanto vogliono ricorrere al Tar contro il referendum per la separazione. «Un atto poco democratico», commenta Marco Sitran, «e poi nessun giudice potrà bloccare la consultazione prima che sia approvata la legge». Anche la Corte Costituzionale, prosegue Sitran, ha ribadito il potere incondizionato della Regione in tema di modifiche circoscrizionali comunali». Gian Angelo Bellati, già candidato sindaco per le liste civiche e la Lega ha firmato ieri un comunicato insieme a Sitran. Ricorda il contratto siglato con Brugnaro alla vigilia del ballottaggio, nel giugno del 2015, in cui il sindaco si diceva favorevole all’autonomia e alla celebrazione del referendum. E anche all’elezione diretta del sindaco metropolitano. «Impegni disattesi», dice adesso Bellati, «e non li aveva presi con me, ma con le forze politiche che avevano per quello deciso di appoggiarlo».

 

Gian Nicola Pittalis

 

I Contrari

Dalla parte del “no” Gianluca Trabucco, Presidente della Municipalità di Zelarino e Maria Teresa Menotto, Segretaria del Pd comunale di Venezia.
Le preoccupazioni principali: l’indebolimento complessivo della qualità dei servizi e la possibile perdita del ruolo di Capoluogo di regione da parte della città di Venezia.

Ritiene che la separazione tra Venezia e Mestre possa avere dei risvolti negativi?

G.Trabucco: Non vedo alcuna valida motivazione per spezzare l’unità della mia città. Non penso che questioni complesse come ad esempio lo spopolamento del centro storico, la gestione dei flussi turistici, i problemi di mobilità, possano essere affrontati più facilmente dividendoci. Trovo poi discutibile l’affermazione di chi sostiene che la divisione porterà ad avere dei risparmi quando in realtà la strada che in Italia si sta percorrendo, proprio per ottimizzare la spesa, è quella delle unioni e delle fusioni dei comuni.
M.T Menotto: Innanzitutto va chiarito qual è il punto di osservazione in cui ci collochiamo per rispondere a questa domanda. Per me non può che essere la qualità dei servizi. Quindi chiediamoci: con la separazione miglioreranno o peggioreranno i servizi dati ai nostri cittadini? Io credo che non riusciremmo a garantire i servizi che oggi – sia pur con fatica – rendiamo disponibili.

 

Effetti sulla città di Venezia della separazione. Cosa teme di più?

G.Trabucco: Non ho un timore specifico per la terraferma. Dividersi significherebbe indebolirsi anche nei confronti delle altre grandi città del Veneto che non perderebbero l’occasione di rivendicare la possibilità di diventare capoluogo di regione.
M.T Menotto: Saremmo più piccoli e deboli. Venezia diventerebbe una città di meno di 60.000 abitanti e diminuirebbe il suo peso nei rapporti con le Istituzioni. Altre città capoluogo di provincia potrebbero addirittura mettere in discussione il suo ruolo di Capoluogo del Veneto con le ovvie conseguenze negative anche in termini di occupazione.

 

Martina Tallon

Gianluca Trabucco Marco Sitran a sinistra con Davide Scano e Gian Angelo Bellati Maria Teresa Menotto Stefano Chiaromanni