Studio della Regione e dell’Iss su un campione di residenti in 29. All’erta anche a Venezia e Treviso

Ricordate la storia di Erin Brockovich, che valse l’Oscar a Julia Roberts? Ecco, qui non c’è una segretaria precaria che trascina in giudizio la Pacific Gas & Electric per la contaminazione del cromo esavalente nelle acque di Hinkley, costringendo il colosso dell’energia a pagare il più ingente risarcimento nella storia degli Stati Uniti d’America.
O almeno, questa è una pagina che dev’essere ancora scritta, visto che siamo soltanto ai primi risultati dello studio di biomonitoraggio realizzato dalla Regione con l’Istituto superiore di sanità (Iss). Ma tali esiti sono comunque allarmanti:  nel sangue di 507 veneti esposti all’inquinamento delle falde acquifere «significativamente superiori»  rispetto al resto della popolazione, al punto che ora scatterà una maxi campagna sanitaria dedicata a 250 mila residenti fra le province di Vicenza, Verona e Padova. L’annuncio è stato dato a Venezia che, insieme a Treviso, viene coinvolta dalla confluenza della acque in Laguna e Sile, dal tavolo che ha riunito Regione e Iss, ma anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). La premessa è di Luca Coletto, assessore regionale alla Sanità: «In questa vicenda i cittadini del Veneto sono parte lesa. Per questo non abbiamo da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), dovuto ai quarantennali sversamenti dell’azienda chimica Miteni di Trissino, sono state rilevate concentrazioni lesinato  impegno e risorse».

Luca Coletto Così dopo la (casuale) scoperta dell’anomalia idrica, avvenuta nel corso di una ricerca condotta dal Cnr nel 2013, Palazzo Balbi ha avviato due linee di sorveglianza: ambientale e sanitaria. Sul primo fronte «è stata identificata la fonte contaminante ed è stata delimitata l’estensione della contaminazione», mettendo in sicurezza l’acqua potabile già da luglio di quell’anno. Sul secondo piano è stato invece avviato con un monitoraggio sierologico sulla popolazione, nella consapevolezza che gli elementi incriminati sono “molto persistenti, molto bioaccumulabili, tossici” e caratterizzati da una “eliminazione lenta con riassorbimento a livello renale” (parole di Loredana Musmeci, direttore del Dipartimento ambiente dell’Iss: «Per smaltirli l’organismo, soprattutto per i maschi, ha bisogno di due-quattro anni»).

Per questo sono stati arruolati 257 residenti nei centri ad alto impatto. Inoltre sono stati selezionati 120 dipendenti di aziende zootecniche. Se per questi ultimi l’esame è ancora in corso, per la popolazione generale le analisi iniziate ad ottobre sono state ultimate da poco.

Loredana Musmeci
“Su richiesta della Regione abbiamo indicato una soglia di 0,03 0,05 microgrammi per litro, come per la potabilità, ma il nostro parere non è cogente, deve intervenire il ministero dell’Ambiente”, sottolinea Musmeci.

La giunta Zaia valuterà comunque «l’azione di responsabilità e la promozione dell’area a sito di bonifica di interesse nazionale».

Manuel Brusco
Ma all’opposizione non basta. Pd, Moretti Presidente, M5S e Tosiani ritengono “uno sgarbo istituzionale incomprensibile” la mancata divulgazione dei dati nella recente seduta straordinaria del consiglio regionale.

Marco Martuzzi“Avevamo ragione noi”, rivendica il pentastellato Manuel Brusco.
“Ho già coinvolto anche la commissione parlamentare di inchiesta sugli ecoreati perché si affianchi alla magistratura e faccia da pungolo nella ricerca dei responsabili”, ha dichiarato il deputato democratico Federico Ginato.

Gian Nicola Pittalis