Se ne parlava quasi sottovoce a Montebelluna, ma che qualcosa non andasse per il verso giusto lo sapevano in molti, finché, un giorno, nella sede centrale di Veneto Banca non ha fatto irruzione la GdF. A oltre dieci anni dal clamoroso (e non previsto) crac Parmalat e a quasi sette anni dal fallimento di Lehman Brothers, l’agenzia di rating statunitense si venetobanca_inchiesta_notizieplus_thmbapplica su Veneto Banca. Naturalmente con le bestie già scappate a cancelli aperti. Il tutto dovuto alle indagini che hanno coinvolto l’ex presidente Trinca e l’ex amministratore delegato Consoli. La Banca d’Italia era già intervenuta un anno e mezzo fa con rilievi pesantissimi sui bilanci e imponendo di fatto un cambio al vertice dell’istituto. Ricambio che è stato solo parziale, ma all’epoca l’agenzia guardava tutto fuorché i conti e i guai di Consoli. Oggi la realtà dei fatti sta venendo a galla: c’è un’inchiesta formale, ci sono forti dubbi sulla contabilità e sulla metodologia adottata per determinare il prezzo delle azioni (non quotate), emergono prassi e consuetudini non propriamente lecite per l’erogazione dei crediti, cresce il sospetto che gli stress test della Bce siano stati superati grazie a maquillage contabili. Nelle indagini si legge che “pure certe prassi nei prestiti potrebbero indebolire il profilo di credito di Veneto Banca, in particolare attraverso un rischio reputazionale”.

Intanto 30 filiali di Veneto Banca chiuderanno entro quest’anno. Altre nei prossimi due anni. Un piano pesante di ridimensionamento e razionalizzazione delle rete: le prime chiusure riguarderanno in prima persona 89 lavoratori.

Dal quartier generale di Montebelluna sottolineano: <<non ci saranno licenziamenti, gli “esuberi” in parte agganceranno la pensione, in parte saranno reimpiegati in altre sedi del gruppo. Nel dettaglio, per quanto riguarda il Veneto, sei filiali sono nel Trevigiano: si tratta di due a Castelfranco Veneto, poi Istrana, Cordignano e Guarda di Montebelluna, mentre a Treviso città chiuderà lo sportello all’Appiani>>.

Il filo conduttore, come spiega il portavoce di Veneto Banca, è proprio questo: <<chiudere filiali piccole considerate “satelliti” che si trovino a distanza ragionevole da filiali più grosse. Nel Veronese le chiusure sono previste a Caselle di Sommacampagna e Negrar (tre dipendenti totali); a Padova città chiuderà la filiale in centro in Riviera Tito Livio (cinque dipendenti); nel Veneziano in chiusura le filiali di Chioggia (cinque dipendenti, resta Sottomarina) e Jesolo Pineta (due lavoratori, resta Jesolo lido).

La chiusura degli sportelli è una delle operazioni previste del piano industriale di Veneto Banca 2015-17 approvato lo scorso marzo dal consiglio di amministrazione guidato da Francesco Favotto e Vincenzo Consoli. Lo scopo è quello di ripianare il debito del 2014 (968 milioni) e arrivare a un utile netto di 170 nel 2017 attraverso, tra le altre cose, la semplificazione amministrativa e la riduzione dei costi del personale con l’obiettivo, da qui al 2017, di una riduzione complessiva in Italia di circa il 10% della forza-lavoro (oggi Veneto Banca conta circa 6.200 dipendenti).

Nelle azioni di contenimento della spesa ordinaria Veneto Banca, relativamente alla rinegoziazione dei contratti di sponsorizzazione, ha già rescisso i rapporti con la Juventus. <<Le risorse per sostenere le attività sportive – ha detto il nuovo ad Cristiano Carrus – saranno concentrate sulle attività sui territori in cui la banca opera. Il progetto industriale 2015-2020 prevede, fra gli altri, minori costi di 2,7 milioni per la consulenza, di 1,5 per le sponsorizzazioni, di 1,7 per la mobilità (automobili aziendali). La riduzione delle spese per la componente progettuale, ad esempio con il venir meno delle grandi assemblee sociali, farà risparmiare 15 milioni e altri 19 proverranno dalla riduzione del numero delle filiali>>.

Per cercare di minimizzare i danni e salvare l’istituto, si era ipotizzata anche un’aggregazione con venetobanca_inchiesta_notizieplusun’altra popolare, ma se era difficile trovare il consenso tra i soci perché le azioni di gruppi quotati che potrebbero svolgere il ruolo di polo aggregante – come il Banco popolare o la Banca popolare dell’Emilia Romagna – hanno valutazioni intorno allo 0,7-0,8 del patrimonio netto, a smentire tutto ci ha pensato proprio Carrus, visto anche che Veneto Banca, che non è quotata, si auto-attribuiva, invece, un valore di 39,5 euro per azione che corrisponde a circa 1,2 volte il patrimonio netto.

Per aggregarsi a una popolare quotata, dunque, i soci di Veneto Banca avrebbero dovuto essere disposti a concedere un forte sconto sul valore (presunto) delle loro azioni. <<Mettere insieme banche, che, assieme, hanno bisogno di 2,5 miliardi di nuovo capitale, significa mettere insieme due soggetti in difficoltà. Il progetto di Veneto Banca – ha ribadito – è la fusione con società quotate o la soluzione stand alone per questo nel piano industriale  2015-2020 prevediamo la chiusura di altre 60 filiali rispetto al piano precedente per un totale, a fine misura, di 130mentre per quanto concerne la ricapitalizzazione da un miliardo di euro sarà presumibilmente conclusa entro aprile 2016 comunque, la trasformazione in Spa e la quotazione in Borsa avverranno entro la fine della prossima primavera. La ricapitalizzazione di un miliardo è condizione necessaria, centrale. Senza aumento di capitale non si sta in piedi e il miliardo può venire solo attraverso il mercato borsistico>>.