La popolarità d’un artista (ma tal­vol­ta anche la sua fortuna cri­tica) è dovuta in gran parte alle sue vi­cende esi­sten­zia­li, per cui la storia dell’arte – è stato detto – è sostan­zial­mente la storia degli artisti[s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)]

La popolarità d’un artista (ma tal­vol­ta anche la sua fortuna cri­tica) è dovuta in gran parte alle sue vi­cende esi­sten­zia­li, per cui la storia dell’arte – è stato detto – è sostan­zial­mente la storia degli artisti. Ippolito Caffi, di cui è in cor­so al Museo Correr fino al 20 no­vembre 2016 la mostra “Ippolito Caffi. Tra Venezia e l’Oriente 1809-1866”, curata da Annalisa Scarpa, avrebbe allora le carte in regola per figurare tra i protagonisti della pittura ita­­lia­na del­l’Ot­to­cento, se non fosse per quella definizione di “ultimo ere­de del Cana­let­to”, che l’ha accompagnato fin da­gli esordi ma che in realtà non gli ha reso giustizia. Nato a Belluno nel 1809 ma for­­ma­tosi artisticamente a Ve­nezia, Caf­fi è stato certamente uno dei più acclamati epi­­goni del gran­­de vedu­ti­sta vene­zia­no, del quale tuttavia ha saputo interpretare la lezione in maniera au­to­no­ma, ap­pro­dando ad una sorta di personale “vedutismo not­tur­no” da­gli inediti esi­ti lumi­ni­­sti­ci. Saranno Roma, dove si tra­sfe­­rirà nel 1832, e Venezia le due città più amate da Caf­fi e reiteratamente raffigurate nelle sue tele, anche se il suo spirito vagabondo lo porterà in giro per l’Europa e, ne­gli anni ‘40, in Grecia, in Egitto e per­fino nel deserto di Nubia. Delle sue avventure in Medio Oriente, lascerà stra­ordinarie testimonianze nei suoi dipinti, come in quel pic­colo capolavoro, esposto in mostra, che è “Il vento Si­mun nel deserto”, un’opera emblematica della sua vocazione orien­talista, nella quale l’artista raggiunge esiti inten­sa­­men­te poetici. Nel 1848 accorre a Venezia, quando la città insorge con­tro gli austriaci. Costretto all’esilio dopo la resa, ri­pren­derà il suo incessante peregrinare per l’Eu­ro­pa. Il 20 luglio 1866 Caffi muore tragicamente nella bat­ta­glia di Lis­sa. La mostra del Museo Correr è un’occasione pro­­ba­bil­mente unica per una revisione critica dell’opera di que­sto in­quieto protagonista delle vicende risorgimentali: un pit­to­re immerso nella tradizione ma che dipingeva con la cu­­rio­sità del giornalista e la rapidità del moderno re­por­ter. Ec­co, forse non è azzardato dire che Ippolito Caffi è stato il primo pittore “moderno” italiano dell’Ottocento.

CAFFI, Il vento Simun nel deserto, 1844-1847.

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