Home Cultura A Casa dei Carraresi “Libertà di parola e archetipi della democrazia”

A Casa dei Carraresi “Libertà di parola e archetipi della democrazia”

Eccezionalmente di martedì l’appuntamento settimanale con i “Giovedì della cultura”

 

Martedì 12 marzo, alle ore 18, per il ciclo “Giovedì della Cultura” ospitato da Fondazione Cassamarca a Casa dei Carraresi, l’ospite sarà il prof. Alberto Camerotto, docente di Lingua e Letteratura Greca presso l’Università Ca’ Foscari, che parlerà di: Libertà di parola. Archetipi della democrazia.

Il tema

Parrhesia è dire tutto ciò che si pensa. Parrhesia è dire tutto davanti a tutti. Ogni frase ha un peso, un significato. Stanno dentro alla parola e alle sue due componenti greche, pan e rhesis. Elementi semplici per una idea impegnativa, importante, difficile. Anche pericolosa, come sappiamo dalla vita quotidiana del nostro mondo.
Parrhesia è la stessa cosa che dire libertà, dell’uomo, del cittadino, perché non c’è eleutheria senza parrhesia. Il senso della libertà nasce proprio da questo. Si comincia a esistere solo quando risuonano le nostre prime parole libere, parole pubbliche davanti a tutto il mondo.
La democrazia ha qualche significato proprio per la libertà di parola, fin dall’inizio, fin dai primi esperimenti più antichi. Perché neanche la democrazia può esistere, se non c’è la libertà di tutti di esprimere la propria opinione. Non facile, con molti problemi. Ma con qualche valore fondamentale. Non è perché qualcuno deve prevalere su un altro, ma perché il pensiero, anzi i tanti pensieri di tutti sono un contributo per il bene comune.
Parrhesia significa, allora, anche uguaglianza, ovvero isonomia. O ancora, forse su un piano più ampio, perfino universale, isotimia. Tutti siamo uguali di fronte alla parola pubblica, che non a caso in principio si chiamava isegoria. Un bel diritto per sentirci tutti aristoi alla stessa maniera.
Ma diciamolo subito. Noi crediamo che la parrhesia sia un diritto. Antico, profondo, sta dentro di noi. Va bene. È la nostra sicurezza. Ma soprattutto la parrhesia è un dovere. Non un obbligo, ma, sicuramente meglio, un istinto civile, profondo, originario, un imperativo etico. Quando parliamo in pubblico parliamo per tutti. Per vivere insieme ognuno deve fare la sua parte. Prima di tutto con i pensieri e con le parole.
Le tracce più antiche e importanti della nostra libertà di parola le troviamo già in Omero, tra le azioni e i discorsi in assemblea degli eroi, nello scontro di Achille e di Agamennone, tre secoli prima dell’invenzione della parola parrhesia. In fin dei conti, l’argomento di canto dell’Iliade, il grande poema della guerra di Troia, non è altro che questo. È la contesa degli eroi nell’assemblea dell’esercito acheo. La parola di Achille, la parola di Calcante, il potere e il sopruso di Agamennone. È un tema che piace, il confronto delle parole è qualcosa di spettacolare, che appassiona il pubblico, l’uditorio dei canti orali. È un problema di libertà di parola, di volontà e identità degli eroi, di potere e responsabilità collettiva. Una questione di interesse comune, di valutazione dei problemi, di pluralità delle interpretazioni e delle proposte. C’è anche l’errore storico di Tersite, l’eroe che sbaglia le parole, un’occasione perduta per sempre, una questione di kairos, una responsabilità che ci fa pensare. La parrhesia è sempre impegnativa, non è mai una cosa facile.

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