tampone (immagine di repertorio)
tampone (immagine di repertorio)

Fipe e Confcommercio provinciale esprimono molto rammarico e rabbia per le disposizioni contenute nel nuovo Dpcm che fa sì che tutti i lavoratori debbano nuovamente reinventarsi dopo la stretta di qualche mese fa.

Queste le loro parole: “Il nuovo DPCM, in vigore fino al 24 novembre, ci impone una nuova, pesante, inaccettabile, stretta. Chiusura dei pubblici esercizi alle 18, solo 4 posti seduti ai tavoli dei ristoranti, annullamento totale di feste, congressi, convegni, fiere, cerimonie. È la #condanna di un intero indotto economico, paghiamo ancora una volta il prezzo altissimo di un sacrificio che rischia di far chiudere migliaia di imprese. Che pure hanno investito per prime in sicurezza ed hanno dimostrato di essere in regola con tutti gli adempimenti e le norme di prevenzione. Il buon senso e la responsabilità individuale ed imprenditoriale evidentemente non bastano. Nemmeno il merito”.

Poi uno sguardo su quanto fatto in passato, per la ripresa dopo il lockdown, appena qualche mese fa. “La tregua estiva avrebbe dovuto consentire di emanare tutti i provvedimenti necessari per preparare una ripartenza libera da tasse e burocrazia, restituire incentivi risorse a fondo perduto alle imprese che hanno sopportato il sacrificio e dimostrato di sapersi adeguare alle norme di prevenzione – affermano – Siamo di fronte ad uno stop&go privo di senso che mette in ginocchio ancora una volta uno dei settori trainanti del terziario, migliaia di lavoratori e famiglie e crea disuguaglianze sociali. Non ci accontentiamo delle promesse: vogliamo subito indennizzi sicuri, immediati e proporzionati alle perdite. Subito un piano di ripartenza che metta si al centro la salute pubblica, ma anche l’impresa. Le nostre imprese non possono morire di Covid“.