Il prossimo coronavirus potrebbe provenire da suini.

Lo sostiene Michael Greger, medico e divulgatore scientifico statunitense, nonché esperto di malattie infettive che già 10 anni fa aveva delineato un possibile scenario che includeva un insieme di pericoli simili a quelli che si sono verificati a seguito dell’odierna pandemia.

SADS-CoV: l’epidemia che uccise migliaia di suini

Facendo un passo indietro (precisamente all’ottobre 2016), alcuni suini allevati nel sud della Cina si erano ammalati a causa del virus della diarrea epidemica suina (PEDV), una forma di coronavirus circoscritta ai maiali. Una nuova malattia letale- ribattezzata Sindrome della Diarrea Acuta Suina (SADS-CoV)- che in pochi mesi aveva provocato la morte di circa 24mila animali.

Poco dopo, ovvero nel gennaio del 2017, alcuni virologi statunitensi avevano pubblicato uno studio scientifico in cui attribuivano l’origine di tale epidemia ad una popolazione di pipistrelli presente nella zona interessata dalla “strage”.  Ipotesi rafforzata ulteriormente nel 2018 da un gruppo di ricercatori cinesi, i quali indicavano il loro Paese come principale focolaio di nuovi virus letali, che potevano essere trasmessi dagli animali all’uomo.

Animali domestici: responsabili di future epidemie?

In contrapposizione con la teoria di Greger, tuttavia, alcuni studiosi della South China Agricultural University hanno recentemente pubblicato un trattato in cui sostengono che la diffusione del coronavirus potrebbe essere stata facilitata dai pangolini (e non dai suini).

A fronte di questo, dunque, l’esperto statunitense ha voluto rincarare la dose, sostenendo che di fatto “le popolazioni di pangolino sono in declino, mentre ogni anno vengono allevati centinaia di migliaia di maiali”. Fino ad ipotizzare che “una prossima e futura pandemia potrà essere causata anche da animali domestici e non solo da bestie selvatiche”.