Uffici postali a rischio chiusura e disagi per i cittadini. Purtroppo anche per la Marca trevigiana è in arrivo la mannaia del Governo sugli uffici postali. Sono ben 25 gli sportelli che rischiano di dover abbassare le serrande nella Marca: Borso del Grappa, Cavaso del Tomba, Cessalto, Chiarano, Cison di Valmarino, Follina, Fregona, Gorgo al Monticano, Mansuè, Maser, Miane, Monastier, Monfumo, Nervesa della Battaglia, Paderno del Grappa, Portobuffolè, Possagno, Revine Lago, Sarmede, Segusino, Tarzo, Valdobbiadene, Zenson di Piave.

Piccoli uffici di riferimento sul territorio per tanti cittadini che altrimenti non potrebbero spostarsi in centri più grandi. Il tutto in vista di un accorpamento e di una centralizzazione. Per una riorganizzazione generale dei servizi.

“Il Governo garantisca il servizio universale di corrispondenza su tutto il territorio nazionale, compromesso dal contratto di programma 2015-2019 tra Poste Italiane e Ministero dello Sviluppo Economico, che, con il cosiddetto Piano di razionalizzazione, ha introdotto la consegna a giorni alterni della corrispondenza e ha dato il via alla chiusura di numerosi uffici postali nei piccoli centri, privando così moltissimi Comuni italiani  di un servizio essenziale, come appunto quello postale, per il quale Poste incassa 262,4 milioni di euro l’anno di soldi pubblici”. E’ questo, in sintesi, il commento della Deputata Arianna Spessotto a margine del question time promosso in commissione trasporti, poste e telecomunicazioni alla camera. “Una nuova ondata di tagli che ha prodotto tonnellate di missive in giacenza, con bollette consegnate anche dopo la scadenza, e compromettendo persino invii prioritari, come raccomandate dell’Inps, avvisi di Equitalia e telegrammi.

Non solo – spiega Spessotto –  questo scellerato piano di riorganizzazione, messo in atto con il benestare del Governo e che andrà a regime ad inizio 2018 e coinvolgerà circa 4300 Comuni, contrasta a nostro avviso con le norme Ue che obbligano gli Stati membri ad assicurare la raccolta e la distribuzione degli invii postali al domicilio del destinatario ‘come minimo cinque giorni lavorativi a settimana’ (e non come fa poste, per 5 giorni ogni 2 settimane) e che, solo in presenza di circostanze o condizioni geografiche eccezionali, sia ammissibile la fornitura per un numero inferiore di giorni. Profili di eccezionalità che, per ammissione delle stesse Poste Italiane, sono assenti: difendendosi davanti al TAR, Poste Italiane ha infatti ammesso che la riduzione del servizio non dipende da particolari difficoltà nel raggiungere le località interessate bensì da un mero calcolo di convenienza economica.

Anche il Parlamento europeo è intervenuto sulla materia: oltre un anno fa ha approvato una risoluzione che ribadiva la necessità, da parte degli Stati Ue, di garantire il servizio universale e il mantenimento degli sportelli postali proprio in quelle aree remote, montane, disagiate e a maggiore rischio di isolamento. Allora perché l’Italia sta facendo tutto l’opposto, rischiando di incorrere in una procedura d’infrazione europea per violazione del diritto degli utenti? Un ulteriore danno che sarà scaricato sulle teste e sulle tasche dei cittadini”.