Un approccio diverso, meno invasivo, mirato e con ottimi risultati per la cura del paziente afflitto da emorroidi. La Terza Chirurgia dell’Ospedale di Treviso, diretta dal dr. Massani, in collaborazione con l’unità di radiologia interventistica, responsabile il dr. Farneti, ha introdotto una nuova tecnica, non chirurgica e molto meno invasiva per il paziente, nel trattamento della malattia emorroidaria. Malattia molto frequente nei Paesi occidentali con un’incidenza che secondo molte statistiche varia tra il 14 ed il 39% della popolazione. Per fortuna  molti di questi pazienti non hanno una sintomatologia specifica e non necessitano di alcun trattamento. Circa il 5% della popolazione ha invece bisogno di un trattamento chirurgico e questo  numero così elevato fa capire la dimensione del problema.

“La nuova terapia – spiega Massani – è rivolta ai pazienti con una malattia emorroidaria di secondo o terzo grado, sintomatici, che soffrono di episodi di sanguinamento  ricorrente. La novità risiede nell’assenza di un atto prettamente chirurgico: il trattamento è eseguito, infatti, in anestesia locale, inserendo un apposito catetere in un’arteria dell’inguine. Attraverso questo accesso si riesce ad arrivare a chiudere i vasi arteriosi che sono responsabili del rifornimento di sangue al plesso emorroidario. Si tratta quindi  di un approccio – prosegue Massani – volto alla chiusura dei vasi , che non vengono quindi né legati né asportati come in genere avviene con altre tecniche squisitamente chirurgiche. Si tratta di una tecnica con la quale sono stati trattati, finora, poche centinaia di casi a livello europeo. Presso la Terza Chirurgia abbiamo già trattato, con questa metodica,  15 pazienti in poco più di un mese. I vantaggi sono notevoli: la degenza è di un giorno ed entro  pochi giorni il paziente ritorna alle normali attività quotidiane e lavorative. Nella maggior parte dei pazienti non è stato avvertito alcun dolore dopo la procedura, mentre in alcuni casi il disturbo legato alla presenza delle emorroidi è persistito per qualche giorno. In un solo caso la convalescenza è stata caratterizzata da dolore più intenso che ha richiesto trattamento medico di più lunga durata, si trattava peraltro di paziente con patologia più importante per la quale era prevedibile un decorso più complicato. Tutti i pazienti hanno avuto un miglioramento della qualità di vita con una riduzione significativa dei sintomi lamentati in precedenza”.

Questa tecnica, del tutto innovativa, deve essere comunque utilizzata dopo che gli specialisti hanno ben valutato il singolo caso e non deve essere considerata sostitutiva di altre tecniche chirurgiche ma come una semplice arma in più nella cura di una patologia che è molto frequente e spesso sottovalutata.