In un momento storico che vede la Cassazione confermare la condanna a quattromila euro di multa nei confronti dell’ex sindaco leghista di Treviso, Giancarlo Gentilini, per aver incitato all’odio razziale contro gli extracomunitari durante un comizio svoltosi a Venezia il 14 settembre 2008, appare ancor più simbolica la decisione della giunta Manildo di dare la cittadinanza onoraria ai figli degli immigrati, se nati in Italia. I minori che il 30 maggio hanno ricevuto l’onorificenza sono stati solamente 62, molti meno rispetto ai 1800 previsti inizialmente, ma l’iniziativa è significativa perché indica una presa di posizione ben precisa dell’amministrazione comunale di Treviso rispetto al dibattuto tema dello “ius soli” ed al bisogno primario di promuovere l’inclusione e la tutela di tutti i bambini. Oggi, infatti, in Italia la cittadinanza è riconosciuta solo per ius sanguinis, diritto di sangue: sono così cittadini italiani i nati da almeno un genitore italiano, anche se questo si è trasferito all’estero, magari anche da generazioni, ma non lo sono i bambini nati qui, da immigrati con regolare permesso di soggiorno, che parlano perfettamente l’italiano ed hanno frequentato sempre la scuola italiana. Bambini che si sentono italiani e che non possono immaginare di vivere in un altro Paese se non questo, nel quale sono integrati, nel quale hanno i loro amici e compagni di studi. Ragazzi che a questo punto hanno di diverso davvero solo il colore della pelle e che soffrono molto per non poter andare in visita d’istruzione all’estero con i loro compagni, o non potere praticare sport agonistico nelle federazioni italiane. Una situazione assurda se si pensa che in Italia sono 500.000 i minori di seconda generazione, ed ancor più assurda per Treviso, dove i nati da famiglie straniere sono il 23,7% sul totale dei nati. Certo, chi risiede in Italia da almeno da dieci anni può chiedere la cittadinanza, ma la procedura è complessa e dimentica del fatto che i diritti dei bambini iniziano con la loro venuta al mondo. L’iniziativa del Comune di Treviso non cambia le cose -naturalmente continuerà ad essere lo Stato a stabilire il criterio per diventare cittadini italiani ma contribuisce a mantenere alta l’attenzione sulla riforma della legge di cittadinanza in un’Italia che, piaccia o no, è ormai multietnica. E, quantomeno, è servita a far parlar bene di sé Treviso, per una volta, sui giornali esteri (The Guardian, 29 ottobre 2013). Lorenza Pilloni