“La cultura del rispetto tra uomo e donna si impara da piccoli, con l’apprendimento delle prime parole e dei codici primari di comportamento. Ma si continua a coltivare, giorno dopo giorno. I media hanno in questo una grande responsabilità: un titolo, un servizio, il taglio di una foto, un ‘post’ su FB, possono esprimere solidarietà o condanna, suggerire empatia con le vittime o con i carnefici, banalizzare un facile giudizio, conformare logori stereotipi oppure suggerire chiavi di lettura più complesse”.

E’ quanto ha sottolineato l’assessore al sociale presentando oggi a Venezia, nella sede della regione, il corso di formazione per giornalisti promosso dall’ordine dei giornalisti e dai centri antiviolenza di Padova, Belluno e Venezia nell’ambito del progetto “L’otto per tutte” finanziato dalla Regione Veneto con i fondi del Piano di azione nazionale contro la violenza sessuale e di genere.

Il piano di azione del Veneto – ha ricordato l’assessore – sostiene una rete di 43 strutture tra centri di ascolto e case protette e ha investito un milione di euro nella formazione degli operatori sanitari del sistema dell’emergenza e dell’urgenza, finalizzata a creare una rete di ‘sentinelle’, di servizi e di centri territoriali attenti a prevenire, identificare e contrastare la violenza di genere. Ma il piano finanzia anche progetti di comunicazione, di iniziativa pubblica e privata, per sensibilizzare, educare e mettere in dialogo persone, esperienze, risorse e servizi. L’obiettivo ultimo è favorire la cultura del rispetto della persona sia negli stessi operatori sia nell’opinione pubblica in modo da abbandonare luoghi comuni e modelli pre-costituiti e, soprattutto, insegnare a riconoscere segnali di allarme per contrastare le relazioni fondate sul disequilibrio e sopraffazione.

“Il fenomeno delle relazioni affettive violente e, più in generale, delle  sopraffazione di genere va letto sotto molteplici punti di vista e in tutte le sue dimensioni – ha esortato l’assessore –  proteggendo la dignità delle donne, ponendo attenzione ai minori coinvolti, ma cercando di lavorare anche con i soggetti ‘maltrattanti’, decodificando e depotenziando i circuiti perversi che si instaurano tra vittima e carnefice. Prevenire la violenza sulle donne e, soprattutto, episodi di recidiva con esiti spesso mortali significa anche porsi il tema impervio e non sempre affrontato di come trattare i perpetratori di violenze”.