Sarà l’autopsia a stabilire se il 25enne di Marcon ha bevuto il decotto psichedelico di erbe amazzoniche durante il ritrovo sciamanico privato ‘Sol de Putumayo’ all’abbazia di Vidor

 

Si allunga l’ombra del rito sciamanico, con tanto di assunzione di un decotto psichedelico a base di ayahuasca fatto con piante amazzoniche, sulla morte di Alex Marangon, il barista 25enne di Marcon scomparso il 30 giugno e ritrovato privo di vita due il 2 luglio su di un isolotto del Piave a Ciano del Montello, nel territorio di Crocetta.

Leggi qui il nostro articolo di cronaca di martedì 2 luglio

 

Inizialmente si era pensato ad un allontanamento volontario, un fatale bagno nel fiume o un gesto autolesionistico dopo una festa con amici all’abbazia di Vidor, ma, mentre le indagini avanzano, crescono man mano gli aspetti inquietanti della vicenda che spostano la morte sempre più sull’ipotesi dell’assunzione di sostanze allucinogene durante una sorta di incontro a sfondo esoterico.

Per fare chiarezza il Pm Giovanni Valmassoi, titolare dell’inchiesta, ha aperto un fascicolo per morte in seguito ad altro reato, per il momento senza iscrivere alcun indagato.

Decisiva potrebbe essere l’autopsia con l’esame tossicologico (per l’esito dei quali ci vorranno probabilmente giorni) prevista per domani, venerdì 5 luglio, o al più tardi sabato. Il magistrato ha conferito l’incarico all’anatomopatologo Alberto Furlanetto che effettuerà l’esame autoptico sul corpo con particolare attenzione alla presenza d’acqua nei polmoni per escludere o meno l’annegamento come causa o concausa del decesso.

Ma soprattutto raccogliere materiale biologico per i test tossicologici volti a stabilire la presenza o meno e se fatale di droghe o alcol o ancora del decotto ayahuasca e le radici utilizzate per la presunta mistura. Un allucinogeno che se preso in dosi minime provoca solo un’alterazione dello stato psichico di una persona, ma che in dosi più alte può essere fatale, tant’è che chi lo assume dovrebbe essere affiancato da qualcuno che lo assista. Infine l’anatomopatologo esaminerà le ferite riscontrate sul corpo del barista 25enne. Si tratta di un occhio tumefatto e di una lacerazione nella regione addominale. Dati che però, già dall’esame del corpo in prima battuta, hanno fatto escludere la violenza.

Elementi evidenti in questa direzione, ne ha parlato il Procuratore di Treviso Marco Martani, sono stati scartati mentre ha detto che la tumefazione all’occhio sarebbe compatibile con una caduta, urto o rotolamento, mentre l’addome è stato segnato dal morso di una volpe. I genitori del giovane sostengono che non si era tenuto alcun rito satanico mentre al momento di allontanarsi verso il fiume – secondo delle testimonianze da valutare – il 25enne sarebbe stato visto da un paio di amici. Lo avrebbero anche seguito per un po’ per poi desistere e tornare sui loro passi.

Resta il fatto che, secondo quanto ricostruito da investigatori ed inquirenti, l’incontro, quella che inizialmente era una festa, sarebbe stato un appuntamento ristretto a pochi e su invito, cui Alex sarebbe stato introdotto da un conoscente. Proprio alcuni dei presenti, sentiti dai Carabinieri, avrebbero parlato delle tisane tra le quali anche quella all’ayahuasca. Bevanda che il 25enne avrebbe bevuto sia nel pomeriggio che la sera della scomparsa. Già dopo la prima assunzione Alex sarebbe andato verso il Piave, vicino all’abbazia, facendo il bagno controllato da altri. Dopo l’assunzione della seconda tisana, invece, sarebbe tornato sul fiume da solo con l’esito fatale.