Ancora PFAS: il coordinatore della commissione ambiente e salute della Regione del Veneto Nicola Dell’Acqua comunica che, nel corso dell’ultima riunione, sono stati affrontati alcuni aspetti relativi a sostanze emergenti e/o persistenti e ai relativi sistemi di trattamento per abbatterle. Dal momento che sono pochissime le Regioni che si stanno muovendo in questo campo, al fine di non sottovalutare alcun aspetto, la Regione del Veneto ritiene, dunque, necessario procedere ad un accurato approfondimento scientifico.

“È inutile mettere la testa sotto la sabbia, – dichiara il Presidente Luca Zaia – dobbiamo procedere a tutti gli approfondimenti necessari, consapevoli che, nel caso in cui venissero riscontrati nuovi inquinanti, bisognerà affrontare il tema”.

“Questo significa – precisa ancora – che la Regione Veneto affronta la realtà con il comportamento virtuoso tenuto da sempre. Ricordo che, seppur nel 2013 il CNR avesse segnalato il problema PFAS in molte regioni, il Veneto è l’unica che si è attivata da subito. Prova ne sia aver messo in piedi un laboratorio con un investimento da oltre 6 milioni di euro, oggi punto di riferimento a livello nazionale. D’altro canto ci preoccupano i nuovi inquinanti. Per questo motivo la task force lavora alacremente e con la massima attenzione, affinché ci sia totale coscienza e conoscenza di quello che noi cittadini abbiamo nell’ambiente”.

“Quindi, avanti tutta, – conclude – e speriamo che questo approccio sia attuato a livello nazionale e che il ministro usi la buona pratica del Veneto per estenderla a tutta Italia”. 

Nello specifico, la commissione ambiente e salute ha richiesto all’Agenzia regionale ARPAV una relazione ambientale.

“Ciò che interessa principalmente – spiega Nicola Dell’Acqua – è la presenza ambientale di sostanze chimiche persistenti, tra cui i PFAS, e affrontare le difficoltà di tipo analitico e di messa a punto di sistemi e metodi di trattamento. La Regione ha disposto una serie approfondimenti tecnici, che saranno condotti da ARPAV, che provvederà a ricercare, accanto alle numerose sostanze già oggetto di monitoraggio, nuovi composti ‘emergenti’ nelle matrici ambientali”.

Gli approfondimenti riguardano la verifica della possibile presenza di diversi microinquinanti, in particolare fitofarmaci e sostanze  organiche persistenti, tra i quali: nuove sostanze perfluorurate (oltre a c6O4 e GenX), in particolare il nuovo Adona (sostituto del PFOA); diversi fitofarmaci (Cipermetrina, Chinossixifen, Aclonifen, Bifenox, e Eptacloro, Etofumesate, Flufenacet, Penconazolo, ecc.); glifosato; la DACT un metabolita degli erbicidi triazinici; residui di prodotti ritardanti di fiamma (Polibromo  difenileteri o Difenileteri bromurati, meglio noti come PBDE).

“Tra gli approfondimenti richiesti, per esempio, vi è uno studio preliminare relativo ai PBDE. – prosegue Dell’Acqua – Si tratta di sostanze sottoposte da tempo a restrizione d’uso, la maggior parte delle quali vietate, ma ancora ampiamente diffuse in tutta Europa. Noi riteniamo che ne vada studiata la diffusione nell’ambiente, anche se i dati preliminari sono in linea con quelli europei e mondiali. Il monitoraggio di questi composti rientra, tra l’altro, nell’ambito della direttiva comunitaria per definire gli standard di qualità ambientale nelle acque”. 

Ricordiamo che, a oggi, la Regione Veneto è l’unica in Italia ad aver avviato una serie di iniziative, ad esempio, per l’abbattimento della presenza di sostanze emergenti e/o persistenti e dei sistemi di trattamento per abbatterle.

“Solo cercando nell’ambiente queste molecole persistenti – conclude il direttore dell’Area Tutela e Sviluppo del Territorio – possiamo impostare eventuali misure per ridurne, per quanto possibile, la diffusione nell’ambiente. Il compito della   commissione è quello di approfondire tutti i possibili sistemi di abbattimento più innovativi, un tempo impensabili con le normali tecnologie, cercando di comprenderne la valenza e far capire il valore in termini di tutela dell’ambiente e di tutto ciò che da esso deriva”.