Il clima pazzo ha sconvolto le fioriture primaverili e sono le api i primi insetti a risentirne. Le sentinelle ambientali con le gelate fuori stagione hanno accusato il colpo e sul territorio nazionale si riscontrano difficoltà legate alla loro sopravvivenza con interventi straordinari negli alveari per provvedere al loro nutrimento con sciroppi a base di zucchero. Anomalie che Coldiretti registra alla vigilia della giornata mondiale delle api istituita dall’Onu che si festeggia domani 20 maggio a livello planetario. “Dopo le gelate del mese scorso, sono le piogge di questi giorni a creare ancora difficoltà– afferma Emanuele Marchesan apicoltore veneziano – i fiori sono rovinati dai continui scrosci d’acqua e non producono il nettare che serve alle api per sopravvivere e darci il miele. La produzione di acacia quest’anno è compromessa, dai 40 quintali di produzione degli anni scorsi siamo passati a malapena 10, così vale anche per il miele di colza che dai 23 quintali dell’anno scorso quest’anno abbiamo ricavato solo 9 quintali. Ora puntiamo tutto sul millefiori sperando che le temperature si alzino”.
In media una singola ape – precisa la Coldiretti – visita in genere circa 7000 fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di esplorazioni floreali per produrre un chilogrammo di miele. Un ruolo fondamentale considerato che – evidenzia la Coldiretti – dall’impollinazione dalle api dipendono, in una certa misura, ben 3 colture alimentari su 4, come mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri e i meloni secondo la Fao, ma l’impollinazione operata dalle api è fondamentale anche per la conservazione del patrimonio vegetale spontaneo.
La crisi delle api rappresenta un danno ambientale ed economico in una situazione in cui – sottolinea Coldiretti – la svolta salutista degli italiani per effetto della pandemia Covid ha spinto all’aumento del 13% degli acquisti familiari di miele nel 2020. Ma sugli scaffali dei supermercati italiani – evidenzia Coldiretti – più di 1 vasetto di miele su 2 viene dall’estero a fronte di una produzione nazionale stimata pari a 18,5 milioni di chili nel 2020. Proprio per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – consiglia la Coldiretti – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica.
Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
In Italia – precisa la Coldiretti – esistono più di 60 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Secondo le elaborazioni Coldiretti sui dati del rapporto dell’Osservatorio nazionale miele in Italia ci sono 1,6 milioni di alveari curati da circa 70mila apicoltori dei quali oltre 2 su 3 sono hobbisti che producono per l’autoconsumo.