Rischio infiltrazioni, dopo il prefetto di Treviso Maria Rosaria Laganà, interviene anche il dottor Tullio Nunzi, commissario di Unascom-Confcommercio della provincia di Treviso con un testo che riportiamo integralmente:

“Nella dialettica tra aperturisti e rigoristi è prevalsa la linea del “rischio ragionato”, espressa dal Governatore Draghi ed accolta con favore da tutte le categorie economiche del commercio e del terziario, stremate da 14 mesi di pandemia. Sono in Veneto per lavoro da alcuni mesi e mi rendo conto di essere in un territorio sostanzialmente sano, ricco di opportunità, caratterizzato da dinamismo e voglia di fare, pieno di imprese che non cercano scorciatoie, si indignano di fronte ai ristori e chiedono solo di poter lavorare. A fronte di ciò, debbo constatare che questa dialettica contrappone ben altro: sembra ci siano i “cattivi” che vogliono aprire, noncuranti dei morti e irrispettosi delle terapie intensive, i “buoni” che restano chiusi in casa ad aspettare che la pandemia un bel giorno passi. E così, in questo clima di contrapposizione, cova la discriminazione, quella vera, che ha umiliato le imprese costringendole in alcuni casi a chiudere, creando una vera discriminazione tra garantiti e non. Per mestiere, non posso che comprendere le imprese del terziario, soprattutto quelle piccole e medie, che aspettano di riaprire e che ogni giorno, da dietro il banco, alzando la saracinesca, producono e lavorano pagando 6 stipendi su 10. Per la precisione sono il 64% del totale delle imprese in provincia di Treviso. Animano le vie e le piazze dei nostri centri, svolgono un servizio di prossimità e vicinato, assicurano la spesa e il buon vivere di intere comunità. A chi invoca lo “sfacelo” in vista della fatidica data di lunedi 26 aprile, tengo a dire che qui, nella sola Marca Trevigiana, sono a rischio, entro fine anno, 27 mila posti di lavoro, di cui 10 mila nei pubblici esercizi e nella ristorazione e, in generale, in provincia di Treviso, si sono già bruciati 1,6 mld di euro di valore aggiunto. La traduzione “sociale” di questi numeri è molto semplice: chi da casa, oggi si permette strali contro gli aperturisti e profetizza nuovi ritorni in zona rossa dopo il 26, deve considerare che potrebbe ritrovarsi presto dall’altra parte della barricata. Perché se l’economia non si rimette in moto, le imprese non lavorano, i dipendenti non rientrano dalla cassa integrazione, non ci sarà gettito fiscale e quindi a rischio non saranno più solo i lavoratori dei pubblici esercizi o del turismo, ma le pensioni di tutti, cosa non da poco in un Veneto a progressivo invecchiamento. E non solo, a rischio potrebbe essere anche il DNA sostanzialmente sano di questo territorio: il rischio di infiltrazioni malavitose o di usura c’è, pur minore rispetto al Mezzogiorno, ma esiste. E sappiamo bene che quando l’usura si infiltra – è come il Covid – attizza focolai e si spegne solo con denunce e tanto coraggio istituzionale. Coraggio cui anche il Prefetto Laganà, in un recente incontro, ha fatto appello, auspicando una “Santa Alleanza” tra intelligence, banche, imprenditori, associazioni. Occorre pertanto uscire da questo dualismo sterile e comprendere invece che la possibilità di riaprire, dopo un periodo lungo e logorante di speranze e disillusioni, è una grande chance non solo per chi – necessariamente – deve lavorare per produrre il proprio reddito, ma per tutti, chiamati più di prima a usare massima responsabilità e coscienza, proprio per continuare a esercitare quella libertà che ci è stata tolta. Con l’imposizione del lockdown abbiamo perso tutti – e le imprese in primis – una parte della democrazia civile che caratterizza la nostra società, ora sta a noi riconquistarcela. Trasformando il rispetto delle regole in opportunità, andando oltre le barricate, le proteste, le contrapposizioni e i pregiudizi, mantenendo alta la vigilanza rispetto a fenomeni anomali”.