Fine di un’epoca. Con la scomparsa ieri di Iroso, l’ultimo mulo delle truppe da montagna, si è concluso un lungo periodo di storia. Iroso non era soltanto un animale: era un simbolo. In sé racchiudeva un secolo di tradizione, riassumeva il lungo periodo della leva obbligatoria e ricordava le vecchie salmerie, quando gli approvvigionamenti di cibo e munizioni lungo gli impervi sentieri delle Dolomiti erano garantiti solo dall’infaticabile animale da soma, vero compagno di ciascun Alpino.
Iroso si è spento a 40 anni. Un’età avanzatissima, corrispondente a 120 anni per un essere umano. Era stato collocato a riposo da tempo ma gli Alpini, in servizio o congedati, gli erano rimasti affezionati. Era diventato la mascotte di ogni raduno, coccolato da tutti, e la sua storica matricola 212 era stata preservata negli archivi. Ma era anche malato e ieri è scomparso velando di tristezza i volti e gli occhi di tutte le Penne Nere d’Italia. Anche il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia ha voluto ricordare l’epopea del mulo: “Come tutti i veri Alpini, anche il Generale Iroso non è morto, è semplicemente andato avanti, per restare comunque per sempre nei nostri cuori”.
“Tante volte ci siamo incontrati con Iroso – ha aggiunto Zaia – e ogni volta era come ritrovare un vecchio amico, non solo un animale di accarezzare e rispettare. Un amico degli alpini, di noi grandi come dei tanti bambini che se ne innamorarono incontrandolo, all’adunata degli Alpini di Treviso 2017, come in occasione del suo compleanno che festeggiammo a Vittorio Veneto. In lui c’è stata una fierezza straordinaria, con la quale ha rappresentato tanti valori: l’alpinità, la storia del nostro territorio, l’identità del Veneto e delle genti di montagna”.
“Un grazie particolare in questo momento di profondo dispiacere – ha concluso il governatore – va a Toni de Luca, che salvò lui e i suoi compagni reduci dalla chiusura del reparto salmerie dell’esercito, alla moglie e alla famiglia di Toni e a tutti gli Alpini che in tanti anni, con tanto amore, lo hanno accudito, curato, seguito come meritava, perché il Generale Iroso ha meritato davvero tutte le attenzioni che ha ricevuto. Ora è bello immaginarlo lassù, forte e vitale come un tempo, a sfidare di nuovo un sentiero impervio di montagna, perché Iroso non è morto, è andato avanti su quel sentiero”.