Troppe polveri sottili nell’aria e poca pioggia. Soprattutto, una sensibilità ambientale diffusa che inizia a non fare sconti anche alle tradizioni più solide se queste confliggono con la salute del pianeta.

Così, anche la particolarissima pratica trevigiana del panevin, la pire che si accende nelle campagne all’imbrunire il giorno che precede l’Epifania, diventa sostenibile e il fuoco che brucia e inquina diventa quello pulito delle luci laser. Accade sul Sile, al confine tra Roncade (Treviso) e Quarto d’Altino (Venezia) dove, da decenni, il panevin veniva costruito su una grande zattera galleggiante ed attizzato da subacquei armati di fiaccole.

Venerdì prossimo, 5 gennaio, alle 20, ad accendersi saranno invece sofisticati intrecci colorati di luci laser, non meno suggestive del vecchio fuoco di legna benché prive di uno degli ingredienti-chiave del panevin, ossia le faville dalla cui direzione si traggono i pronostici per il nuovo anno.

Un sacrificio relativo, se si tiene conto degli straordinari picchi di Pm10 che, da alcuni anni, l’Agenzia regionale per l’ambiente del Veneto (Arpav), è solita registrare la mattina del 6 gennaio, quando molti dei fuochi accesi la sera prima in genere fumano ancora consumando, spesso, non soltanto legno vergine ma scarti di varia natura e da smaltire correttamente per altre vie.

Scompare anche il nome “panevin” dalle locandine affisse nei due comuni, dato che l’evento, per non trarre in inganno, si chiama ora “Luci sul Sile”. Due piccoli falò, tuttavia, bruceranno comunque sulle due sponde, a ricordare l’odore della legna e il calore fisico della combustione, e non mancheranno la distribuzione ai presenti di vin brulè, la “pinsa” (anche questo un dolce contadino prodotto in Veneto esclusivamente in occasione dell’Epifania) e, soprattutto, vere “befane” a regalare caramelle ai bambini.

“Una tradizione attualizzata – spiegano gli organizzatori – resa semplicemente più funzionale alle esigenze del momento”