In un contesto di moderata ripresa economica, il Veneto si rivela sempre più in linea con le medie italiane. Come si legge nella Bussola di febbraio curata dall’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, il Pil regionale è indicato in crescita dello 0,8% nel 2016 e dello 0,9% nel 2017. I dati più positivi vengono dalla produzione manifatturiera industriale, che si conferma attorno al 2% su base annua, dalle immatricolazioni auto, con tassi di crescita a due cifre già dal secondo trimestre 2015, e il ridimensionamento delle situazioni di crisi aziendale. Prosegue invece il processo di selezione delle imprese: quelle manifatturiere risultano diminuite del 22% rispetto al 2008.

Per ciò che riguarda l’occupazione si confermano i segnali di crescita già mostrati nel corso del 2015; in particolare nel lavoro dipendente, gli occupati sono risaliti a oltre 1,6 milioni, recuperando rispetto al 2011, ma ancora lontani dai livelli pre-crisi del primo semestre 2008.

Il saldo tra assunzioni e cessazioni rilevato nel quarto trimestre del 2016 risulta negativo, come fisiologico nel trimestre di fine anno, per 42.600 posizioni di lavoro. Si tratta tuttavia del miglior dato, in riferimento ai corrispondenti trimestri, dal 2009 ad oggi, fatta eccezione per il 2015 che ha rappresentato un trimestre record grazie soprattutto agli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato. Su base annua, il saldo è invece positivo per 27.500 posizioni di lavoro, che sommate alle 41.000 del 2015 portano a +70.000 il bilancio del biennio 2015-2016. Le assunzioni sono diminuite su base annua (-4%) ma aumentate nel quarto trimestre del 2016 (+1%). Stessa tendenza per le cessazioni: -2% su base annua e +4,5% nel periodo ottobre-dicembre.

Per i contratti a tempo indeterminato si sono registrati segnali di stabilizzazione e consolidamento della “fiammata” dell’anno precedente: nonostante una diminuzione delle assunzioni (-46% il dato tendenziale del quarto trimestre), infatti, in termini di stock le posizioni di lavoro si sono mantenute sui livelli raggiunti a fine 2015 e il saldo annuo si è rivelato ancora positivo, seppure in misura lieve (+1.400). In crescita apprendistato e somministrazione, mentre l’incremento dei contratti a tempo determinato è dovuto non all’aumento delle assunzioni (-2% su base annua), ma all’allungamento della loro durata media e alla relativa diminuzione di cessazioni e trasformazioni (-11%).

La crescita delle posizioni di lavoro ha interessato nel 2016 praticamente tutti i settori, salvo alcune significative eccezioni: tessile-abbigliamento, legno-mobilio, costruzioni, credito e Pubblica Amministrazione si sono confermati negativi o sono ritornati tali dopo i timidi segnali di ripresa mostrati nel 2015. A trainare la crescita sono invece agricoltura, commercio, turismo, ingrosso e logistica, istruzione.

Tra le cause di cessazione dei rapporti di lavoro, in aumento i licenziamenti (+7%), a fronte di una contestuale diminuzione delle dimissioni (-9%). Sul dato pare aver inciso l’introduzione dell’obbligo delle dimissioni online, in vigore da marzo 2016, che avrebbe spinto molti datori di lavoro, in particolare stranieri, a optare per la modalità burocratica ritenuta più agevole.