La Popolare di Vicenza nacque un secolo e mezzo fa, precisamente nel 1866, e si fregia del titolo di prima banca vicentina e prima banca popolare del Veneto. Per oltre un secolo, e cioè fino agli anni ’80, è rimasta radicata esclusivamente nel tessuto cittadino, finché nel 1985 ha cominciato un’opera di espansione che l’ha portata ad acquisire rapidamente altri istituti popolari del Triveneto, fino a diventare nel 1998 parte di BNL, la Banca Nazionale del Lavoro. E’ l’inizio di un’epoca d’oro per la Popolare di Vicenza: mutatis mutandis, la calma prima della tempesta. [s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)]
Il resto è tutta storia recente, cronaca di un dissesto finanziario capace di bruciare 6 miliardi di capitalizzazione, mandando in fumo i risparmi di 119. soci. Prezzi delle azioni decisi e costantemente sovrastimati dai vertici dell’Istituto. Finanziamenti per 974,9 milioni ai propri clienti, erogati a patto che con quei soldi venissero acquistate zione dell’istituto stesso, gonfiandone artificialmente il patrimonio. Profili di rischio dei soci alterati ad hoc per poter vendere loro strumenti di cui non capivano i rischi. Morale della favola: nel primo semestre del 2015 la Banca Popolare di Vicenza chiude con un rosso pari ad oltre di un miliardo di euro, dei quali la maggior parte dovuti alla svalutazione di crediti deteriorati (703 milioni).
Nell’autunno 2015, dalle perquisizioni della Guardia di Finanza scaturisce un’indagine per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza nei confronti dello storico presidente Gianni Zonin, che rassegna le proprie dimissioni di lì a poco, al termine di quasi un ventennio condotto al timone della Popolare di Vicenza. Il testimone viene raccolto dal vicepresidente di Confindustria, l’imprenditore vicentino Stefano Dolcetta.
Con la sua supervisione, l’Amministratore Delegato Francesco Iorio vara a quel punto un piano industriale articolato in quattro fasi strategiche per il ritorno all’utile nel 2016:
- chiusura di 150 filiali ritenute non sufficientemente produttive;
- eliminazione di tutte le partecipazioni non profittevoli (ad esclusione di Cattolica Assicurazioni);
- aumento di capitale da approvare nell’aprile 2016;
- quotazione in Borsa.
Il 5 marzo 2016 sono 11.000 i soci della banca che si riuniscono in assemblea per votare, con successo, l’aumento di capitale e la trasformazione dell’istituto di credito in Società per Azioni da quotare in Borsa. Tuttavia, solo 5.000 vecchi azionisti su 120.000 sottoscrivono l’aumento di capitale, laddove la Borsa Italiana richiede che a questa operazione aderisca perlomeno il 25% del capitale sociale, ossia 6 volte tanto. Di conseguenza, Piazza Affari nega alla Popolare di Vicenza l’agognata quotazione.
E’ qui che entra in scena il “Fondo Atlante”: un fondo alternativo di investimento privato nato sotto impulso del governo Renzi per intervenire nella crisi degli istituti di credito italiani, che sottoscrive interamente l’aumento di capitale di 1,5 miliardi (a fronte dell’emissione di 15 miliardi di azioni valutate 10 cent l’una), giungendo così a controllare il 99,3% della Banca Popolare di Vicenza. [/s2If]