L’imponderabile vicenda ha già fatto il giro dei media nazionali

 

In una vicenda che sembra uscita da un romanzo di Franz Kafka, un istituto superiore della provincia di Treviso si è trovato al centro di un caso senza precedenti nel panorama scolastico italiano. Protagonista di questa storia surreale è un docente sessantenne, originario della provincia di Taranto, che per tre anni consecutivi si è reso praticamente irreperibile, accumulando un record di assenze che ha messo a dura prova la pazienza e le risorse dell’istituto.

La storia ha inizio nel 2021, quando il professore in questione viene immesso in ruolo, firmando un contratto a tempo indeterminato per l’insegnamento del diritto. Quello che doveva essere l’inizio di un percorso professionale stabile si è trasformato invece in una serie interminabile di assenze, giustificate e non, che hanno di fatto impedito al docente di mettere piede in aula per ben tre anni. Il primo anno di questa singolare odissea è caratterizzato da un’aspettativa, un periodo di assenza giustificata che, seppur inusuale per un neo-assunto, non destava particolare preoccupazione. È nei due anni successivi che la situazione precipita in un vortice di assenze che sfiorano l’assurdo. Il docente inizia a presentare una serie impressionante di certificati medici, spesso coprendo periodi dal lunedì al sabato, alternati a inspiegabili assenze ingiustificate.

La scuola si trova così a dover gestire una situazione paradossale: un insegnante formalmente in organico ma perennemente assente. Le conseguenze di questo comportamento non tardano a farsi sentire. L’istituto, impossibilitato a nominare un supplente annuale a causa della natura frammentaria delle assenze, si vede costretto a ricorrere a una continua rotazione di supplenti temporanei.

Questa soluzione di emergenza ha inevitabilmente ripercussioni negative sulla continuità didattica e sulla qualità dell’insegnamento offerto agli studenti, che si ritrovano a dover affrontare un continuo cambio di docenti. Il culmine di questa vicenda surreale si raggiunge lunedì 25 settembre 2024, quando il professore “fantasma”, dopo tre anni di assenza quasi totale, si presenta improvvisamente a scuola, chiedendo di poter finalmente iniziare a insegnare. La sua richiesta, che in un contesto normale sarebbe stata accolta con sollievo, si scontra invece con una realtà ormai cristallizzata: l’istituto ha già avviato le procedure per il suo licenziamento.

Il provvedimento di licenziamento, un atto non semplice da emettere nel contesto della pubblica amministrazione, si basa su motivazioni solide e incontrovertibili. Al centro della decisione c’è il superamento dei limiti massimi di assenza consentiti: il docente ha accumulato quasi 550 giorni di assenza in soli tre anni, una cifra che supera di gran lunga qualsiasi ragionevole soglia di tolleranza.

La vicenda solleva numerose questioni sul funzionamento del sistema scolastico italiano e sulle sue fragilità. Come è possibile che una situazione del genere si sia protratta per così tanto tempo? Quali sono i meccanismi di controllo e di intervento in casi di evidente abuso del sistema? Un aspetto particolarmente inquietante della vicenda emerge dai dettagli delle assenze del docente. Non si tratta infatti di un’unica, prolungata assenza per malattia, ma di una serie di assenze frammentate, intervallate da periodi di disponibilità che, paradossalmente, coincidevano con i fine settimana e i giorni festivi, quando la scuola era chiusa.

Questo pattern solleva legittime domande sulla genuinità delle motivazioni addotte per le assenze. A complicare ulteriormente il quadro, si aggiunge il fatto che, nei mesi precedenti al tentativo di rientro, il docente si era sottoposto a una visita presso la commissione medica di Bari, la quale lo aveva dichiarato assolutamente idoneo al lavoro. Questa certificazione getta ulteriori ombre sulla legittimità delle numerose assenze per malattia presentate nel corso degli anni.

Il caso del professore “fantasma” non è solo una curiosità burocratica o un aneddoto bizzarro. È il sintomo di un sistema che, nonostante le sue molte eccellenze, mostra ancora vulnerabilità significative. Le conseguenze di questa situazione ricadono principalmente sugli studenti, privati di una figura educativa stabile e costretti a subire continue interruzioni nel loro percorso formativo.

Ora che la scuola ha preso una posizione ferma, licenziando il docente, si apre potenzialmente un nuovo capitolo di questa saga. Il professore potrebbe infatti decidere di impugnare il licenziamento, dando il via a una battaglia legale che potrebbe protrarsi per anni. In questo scenario, i conteggi delle assenze e la distinzione tra malattie e assenze ingiustificate diventerebbero il terreno di scontro tra le parti.

Indipendentemente dall’esito di un eventuale ricorso, questa vicenda solleva importanti questioni etiche e pratiche sul funzionamento del sistema scolastico. È necessario un dibattito serio sulle modalità di gestione del personale docente, sui meccanismi di controllo e sulle procedure di sostituzione in caso di assenze prolungate. Solo affrontando queste problematiche in modo sistematico sarà possibile garantire agli studenti la continuità e la qualità dell’insegnamento che meritano.

In conclusione, il caso del professore “fantasma” di Treviso non è solo la storia di un singolo individuo che ha abusato del sistema, ma uno specchio delle contraddizioni e delle sfide che il sistema scolastico italiano si trova ad affrontare nel XXI secolo. È un monito che ci ricorda quanto sia cruciale mantenere un equilibrio tra i diritti dei lavoratori e le responsabilità verso gli studenti e l’istituzione scolastica nel suo complesso. Solo attraverso una riflessione profonda e riforme mirate sarà possibile prevenire il ripetersi di situazioni simili in futuro, garantendo un ambiente educativo stabile, efficiente e orientato al benessere degli studenti.