Lo scorso 30 dicembre Veneto Acque S.p.A, società in house della Regione del Veneto, ha concluso il trasferimento principale dell’infrastruttura acquedottistica SAVEC a favore dei 3 gestori Veneti del servizio idrico integrato, a proprietà interamente pubblica: acquevenete SpA., Etra SpA e Veritas SpA.

L’opera, la cui costruzione è terminata nel corso del 2020 (rimane solo un ultimo breve tratto ancora in fase di realizzazione), e ha occupato la società regionale per oltre 10 anni nella progettazione, direzione ed esecuzione dei lavori, riveste un ruolo strategico nel sistema idrico regionale perché consentirà di incrementare la sicurezza e la qualità dell’acqua potabile fornita ai cittadini veneti, attraverso il miglior utilizzo delle risorse idriche di falda a beneficio del territorio regionale.

“Grazie a questo passaggio non solo razionalizziamo in termini di funzionalità ed economia l’intero sistema idrosanitario Veneto, ma portiamo acqua buona in tutto il territorio regionaleannuncia il Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia -. Parliamo di 150 km di acquedotto, nuovi pozzi di prelievo per 950 l/s e nuovi serbatoi di accumulo da 7000 m3 per un valore di 170 milioni. In concreto il nuovo campo pozzi di Camazzole, in comune di Carmignano di Brenta (PD), fornirà acqua potabile alle aree orientali delle province di Rovigo e Padova e sud-orientali di Venezia”.

Il Modello strutturale degli acquedotti del Veneto (MOSAV), approvato nell’anno 2000, fu introdotto per definire gli schemi delle principali strutture acquedottistiche ed assicurare il corretto approvvigionamento idropotabile nell’intero Veneto, definendo i criteri e i metodi per la salvaguardia delle risorse idriche, la protezione e la ricarica delle falde.

“Si tratta di un modello strutturale all’avanguardia quello con cui il Veneto da tempo assicura il corretto approvvigionamento idropotabile sull’intero territorio e che si accompagna a una molteplicità di azioni messe in campo dalla Regione per continuare a  garantire massima qualità per un bene prezioso come l’acquaspiega Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente -. Con questa operazione, attraverso cui si è provveduto alla cessione del SAVEC ai gestori del Veneto Centrale, andiamo quindi a rafforzare un rapporto diretto col territorio e una collaborazione costante tali da dare ancor più efficacia e efficienza ad un servizio fondamentale per i cittadini”.

“Il SAVEC ha sinora significato un investimento del valore complessivo di circa euro 170 milioni di cui 88 milioni di euro provenienti da un finanziamento a lungo termine ottenuto dalla Banca Europea degli Investimenti e la restante parte coperta da contributi pubblici ottenuti nel corso degli anni – commenta l’assessore veneto alle Partecipate, Francesco Calzavara -. Oltre al valore economico del trasferimento questa operazione ci consente di conseguire un duplice obbiettivo: la gestione del servizio idrico viene attribuita ai soggetti deputati per bacino d’ambito ottimale per consentire a Veneto Acque di potersi dedicare alla nuova mission di società strumentale in house della Regione sul fronte delle tematiche ambientali. Inoltre, recuperiamo importanti risorse finanziarie per promuovere nuovi investimenti regionali, nell’interesse di cittadini ed imprese, senza ricorrere a manovre fiscali, bensì esercitando il ruolo di Ente di governance territoriale”.

Lo schema acquedottistico del Veneto Centrale, applicato da Veneto Acque, percorre, nello specifico, un’area molto vasta interna alle provincie di Venezia, Padova, Rovigo e Vicenza, e ha come obbiettivo quello di servire un bacino di utenti pari a circa 600mila abitanti, i quali attualmente si approvvigionano dal Po e dall’Adige, con costi di potabilizzazione elevati e con qualità dell’acqua da distribuire relativamente bassa.

Tra le soluzioni prospettate è stato scelto lo schema che prevede l’interconnessione degli acquedotti alimentati dalle falde del medio Brenta, dalle acque superficiali del Sile, dalle acque superficiali dell’Adige e del Po: un’unica rete che massimizzerà l’utilizzo delle acque di falda pedemontana, di produzione più economica e di migliore qualità, riducendo gradualmente l’utilizzo delle risorse idriche derivanti dai grandi corsi d’acqua come il Fiume Po, caratterizzato da costi di potabilizzazione elevati e qualità dell’acqua distribuita qualitativamente inferiore a quella pedemontana.

Tra gli obbiettivi prioritari del modello MOSAV c’è sia l’accorpamento massiccio dei piccoli e medi acquedotti, così da ridurre le attuali fonti di approvvigionamento con un risparmio di risorse idropotabili superiore al 15%, così come di conseguenza l’interconnessione delle grandi e medie condotte di adduzione esistenti. Grazie a questa operazione il sistema acquedottistico Veneto diventerà di tipo reticolare, garantendo un miglioramento qualitativo e quantitativo della risorsa idropotabile e della sua gestione.