Qual è la definizione di «compito autentico»? E’ uno dei quesiti posti alle candidate del “concorsone” messo su per reclutare le nuove maestre del Veneto. Come riferisce il Corriere di Verona, che ha raccolto la testimonianza di uno degli esaminatori, le risposte sono state a dir poco sconcertanti. C’è chi ha scritto che un compito autentico è “un compito fatto a regola d’arte” e chi lo ha immaginato come “timbrato e vidimato dall’insegnante”. «È evidente che in casi come questi, il candidato non ha capito niente – continua l’esaminatore –, per uno che vuole insegnare alla scuola primaria bastavano due righe per rispondere con precisione; in pratica: una normale attività della vita reale, in cui si utilizzano tutte le capacità acquisite e la creatività per risolvere un problema concreto, come ad esempio un mercatino di prodotti naturali… ».
Per non parlare degli strafalcioni grammaticali. «Stiamo parlando di errori che vengono corretti agli alunni delle scuole elementari, le stesse dove queste maestre vorrebbero insegnare», dice ancora il commissario d’esame, che ha voluto rimanere anonimo per paura di ritorsioni. Errori affatto infrequenti, a quanto pare, tipo «un’evento (con l’apostrofo)», «ho aquistato (senza la «C»)» oppure «mi è capitato di rattopare (con una sola «p») dei calzini». Attività, quest’ultima, che la “maestra” avrebbe sicuramente svolto meglio.
Il risultato della selezione, che ha impegnato sette commissioni in nove mesi di scrutini, è stato di 1.806 bocciati al primo turno (il 53% dei partecipanti) e di 1.604 ammessi all’orale. «Ogni volta che ci trovavamo davanti a mostruosità come quelle accennate, ci guardavamo tra noi sconvolti – conclude il commissario d’esame –. Le elementari sono il momento in cui i bambini iniziano a imparare i fondamentali, la grammatica che servirà loro per tutta la vita. Come può insegnare una maestra se fa errori così?».
Insomma, una situazione avvilente. Che fa il paio con la polemica sorta in questi giorni in seguito all’accusa lanciata da 600 docenti universitari nei confronti degli studenti definiti «incapaci di scrivere una tesi». Nell’appello rivolto a Governo e Parlamento, i professori suggeriscono di rilanciare lo studio della lingua italiana nelle scuole elementari e medie ripartendo dai fondamentali: dal dettato ortografico.