A pagare il prezzo occupazionale della crisi sono le donne, anche e soprattutto a Venezia. A livello nazionale hanno destato preoccupazione i più recenti dati nazionali Istat, emessi il 1 febbraio 2021, secondo i quali nel confronto annuo tra 2019 e 2020 dei 444mila lavoratori in meno registrati ben 312mila sono donne.
Secondo le elaborazioni di Veneto Lavoro, nella nostra regione gli effetti dell’emergenza covid-19 hanno comportato una riduzione del saldo occupazionale pari a -11.400 posizioni di lavoro dipendente. Un’emorragia di posti di lavoro che ha interessato tutte le province venete ma che registra il dato più negativo a Venezia (-6.450), in virtù della vocazione prettamente turistica del territorio.
E a conferma del trend nazionale anche nella nostra regione le categorie più penalizzate risultano essere le donne, con un calo delle assunzioni del 27% rispetto al -22% degli uomini.
“Istat non ha ancora messo a disposizione i dati provinciali, ma incrociando questi elementi è doveroso da parte nostra segnalare la nostra preoccupazione, perché la situazione economica veneziana è particolarmente drammatica e anche qui temiamo che a pagare il prezzo più alto siano ancora una volta le donne” afferma Gabriella Chiellino, delegata veneziana della Fondazione Bellisario che è impegnata proprio sulla promozione delle pari opportunità nel mondo del lavoro e nel sostegno alle carriere al femminile. “Temiamo che il trend nazionale sia solo destinato a consolidarsi ed aggravarsi se non vengono messi in atto immediatamente adeguati interventi normativi”.
“Nell’estate 2020 – spiega- il Governo aveva annunciato interventi particolarmente robusti a sostegno dell’occupazione femminile ma quello che abbiamo visto finora non è che un timido incentivo al sud a beneficio di donne disoccupate mentre al nord l’alleggerimento contributivo è possibile solo riguardo a donne in stato di disoccupazione da almeno 24 mesi e sempre che ciò comporti un incremento occupazionale: un requisito non proprio coerente con lo scenario che attende l’economia italiana nel day after lo sblocco dei licenziamenti e che viene superato da questi dati che confermano l’urgenza di interventi mirati molto più corposi”.
LA PROPOSTA DELLA FONDAZIONE BELLISARIO: L’auspicio della delegazione veneziana della Fondazione Bellisario è che vengano presi al più presto provvedimenti più decisivi non solo come stimolo economico ma come espressione di una reale consapevolezza della necessità di mettere a fattore comune, nella fase della ricostruzione, l’enorme potenziale ancora in parte inespresso se non ostacolato del lavoro femminile.
“Occorre una programmazione lungimirante di politiche attive del lavoro e di sostegno del reddito – continua Chiellino in rappresentanza della Fondazione che a Venezia raccoglie una ventina di socie, manager, imprenditrici, professioniste con ruoli di rilievo nel territorio- in questa direzione era stata avanzata la proposta di attingere ai fondi de Recovery Fund per finanziare una campagna di stimolo all’assunzione di donne attraverso una decontribuzione totale e soprattutto a medio termine (3 anni) , il tempo necessario a formare adeguatamente e valorizzare una risorsa umana e non il solito incentivo a spot per tappare qualche buco in posizioni lavorative non qualificanti”.
Senza attendere gli incentivi alcune imprenditrici e manager socie veneziane della Fondazione Bellisario si sono già attivate in controtendenza nell’assunzione di altre donne, come segno eloquente che nonostante la crisi sia possibile continuare ad investire nel lavoro femminile, riconoscendone la competenza, la forza e soprattutto la determinazione.
“L’impressione – conclude Chiellino – è che l’imprenditoria non femminile tenda a guardare solo al costo del lavoro femminile e abbia ancora bisogno di stimoli economici per capire il valore assoluto per il nostro Paese, per le nostre famiglie, per la nostra economia, di una reale partecipazione delle donne alla vita produttiva. Le nostre testimonianze di donne imprenditrici e manager con posizioni di rilievo in varie aziende del territorio, sia pubbliche che private, vogliono dare voce alla “potenza” del lavoro femminile, rivendicando la necessità di piani di welfare forti che consentano di conciliare la vita lavorativa con quella familiare, così come lo è per i nostri colleghi maschi, con l’obiettivo della crescita del tessuto valoriale delle nostre comunità”.