Il termine tecnico è ‘work experience’, esperienza di lavoro proposta agli over 30. Destinatari: gli adulti disoccupati o inoccupati, per incentivarne e accompagnarne l’inserimento lavorativo. Dal 2012 ad oggi la Regione Veneto ha investito 38 milioni di euro (risorse FSE) per sostenere i progetti di ‘work experience’ declinati dagli enti di formazione, le aziende e i partner privati che si sono fatti carico del tirocinio, i tutor per gli inserimenti occupazionali, nonché l’indennità (dai 3 ai 6 euro l’ora) per i partecipanti. Per il 2019-20 la Giunta regionale, su proposta dell’assessore al lavoro Elena Donazzan, ha rifinanziato con altri 7 milioni di euro le ‘work experience’ per chi ha più di trent’anni e non ha un lavoro.
“Se il Veneto ha recuperato tutti i posti di lavoro persi dal 2008 negli anni della ‘grande crisi’ e, anzi, vede incrementare gli occupati il merito è anche dei percorsi professionalizzanti e specialistici che da sette anni la Regione ha proposto alle persone senza un lavoro o disoccupate da lungo tempo e prive di ammortizzatori”, mette in evidenza l’assessore Donazzan.
Dal 2015 al 2017 (ultimo anno per cui la rilevazione a 12 mesi dalla conclusione del progetto è completa) i progetti di ‘work experience’ hanno coinvolti 4293 inoccupati o disoccupati, di cui oltre 2300 donne. Uno su tre ha trovato lavoro stabile, oltre il 50 per cento ha avuto almeno una esperienza di lavoro nei sei mesi successivi.
Dall’indagine condotta dall’Osservatorio Regionale di Veneto Lavoro nella prima decade di marzo 2019 sugli esiti occupazionali di tutti i destinatari delle Work experience rilevati alla data del 31dicembre 2018, emerge che oltre la metà dei partecipanti ha trovato lavoro. E il dato risulta in crescita nel corso degli anni: nel corso del 2016 a trovare lavoro sono stati il 48,5 per cento dei partecipanti, l’anno successivo la percentuale è salita al 50,1 per cento. Tra chi ha trovato lavoro, 4 su 10 hanno un contratto a temo indeterminati, il 54 per cento un contratto a tempo determinato, il 6 per cento ha altre tipologie contrattuali.
“E’ un risultato ottimo – commenta l’assessore – tenuto conto che dalla rilevazione sfuggono le occupazioni nei rapporti di lavoro autonomo”.
I settori nei quali i partecipanti hanno trovato lavoro sono i servizi alla persona (17.2%), il metalmeccanico (15,1%), ingrosso e logistica (14.4%), terziario avanzato (12.9%), commercio e tempo libero (12.7%), il Made in Italy (8.7%), costruzioni (3.5%) e agricoltura (1.8%). Infine, le qualifiche sono in prevalenza di tipo impiegatizio (35.1%), tecnico (15.9%), di operaio specializzato o semi-specializzato (15%), profili qualificati nei servizi (13,9%) o professioni intellettuali /7,9%).
Con il rifinanziamento per il biennio in corso la Regione riapre ora i bandi per nuovi progetti.
I progetti dovranno essere articolati in tre fasi – orientamento, formazione e tirocinio in azienda (da 2 a 6 mesi) – e dovranno coinvolgere almeno un datore di lavoro privato (impresa o studio professionale), nonché una associazione di categoria o agenzia per il lavoro o Camera di commercio o università. I tirocinanti riceveranno una indennità oraria (compatibile con il reddito di inclusione, ma non quello di cittadinanza) e saranno loro garantite le coperture assicurative.
“L’obiettivo è favorire l’inserimento lavorativo, ma soprattutto rafforzare le competenze dei partecipanti e valorizzare i mestieri tradizionali – conclude l’assessore – L’esperienza veneta dei tirocini e dei percorsi di work experience per disoccupati rappresenta un modello ben diverso dall’erogazione di un mero assegno di disoccupazione: grazie alla collaborazione con le imprese e i territori e al sistema veneto della formazione professionale, abbiamo creato un percorso che prende per mano e accompagna le persone inoccupate, portandole a maturare una motivazione, ad acquisire nuove abilità e competenze e a specializzarsi sul fronte tecnico scientifico, in modo da essere spendibili nel mercato del lavoro. I risultati ottenuti sinora confermano la validità della formula dell’inserimento ‘attivo’ in azienda: così si rispetta e si valorizza la dignità delle persone e si mette in moto un circuito economico positivo anche per le aziende”.