In questi giorni la vicentina Gpi, titolare dell’appalto di gestione di Cup e Urp per l’ULSS 2 Marca Trevigiana, ha fatto richiesta di accedere agli ammortizzatori sociali (Fondo Integrazione Salariale) per il calo dell’affluenza agli sportelli e segreterie dovuto all’interruzione delle prenotazioni di varie specialità e riduzione di altri servizi correlati a seguito dell’emergenza Covid-19. “Una richiesta che può essere solo motivata dalla riduzione del canone pagato l’Azienda Sanitaria – spiega Nicola Atalmi, segretario generale SLC CGIL di Treviso – ma su questo non abbiamo ancora un riscontro ufficiale”.
“Come Sindacato – sottolinea Nicola Atalmi – dobbiamo sapere se, quando e per quanto l’ULSS ha comunicato di voler ridurre alla Gpi i pagamenti dei canoni previsti per i servizi in appalto. È, infatti, evidente che la richiesta di accesso a un ammortizzatore sociale può nascere solo a fronte di una riduzione dei servizi, e in questo caso dei relativi canoni come previsto dal capitolato di appalto. In caso contrario l’INPS stesso potrebbe rifiutare la richiesta e dunque non erogare l’ammortizzatore sociale al centinaio di lavoratori impiegati a Castelfranco Veneto e Montebelluna. Inoltre – continua Atalmi – Gpi ha già reso noto che non intendere anticipare il pagamento dell’eventuale assegno INPS ai dipendenti, lasciandoli così ad attendere i tempi di pagamento ma anche in balia del rischio che poi l’Istituto di Previdenza non conceda l’ammortizzatore”.
“Gpi deve fare chiarezza e, insieme all’ULSS, ricomporre questa situazione, facendosi carico dei suoi doveri di appaltatore, sia in termini di scelte regolari e legittime sia in termini di pagamento degli stipendi o di anticipo degli ammortizzatori – afferma Atalmi – Le lavoratrici e i lavoratori che operano negli ospedali di Castelfranco e Montebelluna hanno affrontato con dedizione e responsabilità una fase iniziale di lavoro in ambiente a rischio come gli ospedali, spesso senza nemmeno i dispositivi di protezione dei colleghi direttamente dipendenti dell’ULSS, e per questo non meritano che le loro retribuzioni, già basse, vengano ulteriormente ridotte”.
“Siamo certi sia possibile utilizzare un sistema di flessibilità nell’orario di lavoro in questo periodo da recuperare alla ripresa della attività dopo l’emergenza Covid-19, anche per poter garantire al meglio il lavoro nell’interesse della utenza nei prossimi difficili mesi”, aggiunge Atalmi.