In questa prima settimana di luglio, nelle campagne veneziane, si ultimeranno le operazioni di trebbiatura del grano, in ritardo sulla tabella di marcia di almeno dieci giorni. Colpa del clima che non ha lasciato tregua agli agricoltori con una primavera oltremodo piovosa, impedendoli di accedere ai campi, impregnati d’acqua, situazione che ha compromesso la produzione.
Infatti, la fotografia è allarmante in termini quantitativi con cali dell’ordine del 40-50% sia a nord che a sud della provincia veneziana. Le rese per ettaro sono praticamente dimezzate rispetto lo scorso anno. “Se lo scorso anno la resa si attestava intorno ai 72q per ettaro, quest’anno non superiamo i 38q – spiega Andrea Pegoraro presidente di Coldiretti Portogruaro, in linea con Marco Liviero presidente di Coldiretti Cavarzere, entrambi cerealicoltori.
“Si salva un poco la zona litoranea in cui il terreno è più drenante- continua Pegoraro- dove la perdita è, rispetto l’anno scorso, di un 20%”. “Fortunatamente la qualità è buona se non ottima – specifica Marco Liviero – a breve avremo a disposizione le prime analisi, ma già dal peso specifico dei grani possiamo affermare che la qualità non ci ha traditi.” Allargando lo sguardo a livello nazionale, la situazione non lascia molto spazio all’ottimismo, con una conferma del calo di produzione generale, questa volta causato dalla siccità del sud Italia nelle regioni più vocate alla coltivazione del grano.
In Puglia si registrano rese per ettaro praticamente dimezzate, mentre in Sicilia molte aziende hanno addirittura rinunciato a raccogliere, mentre in alcune zone la produzione è stata letteralmente azzerata, facendo prevedere un crollo della produzione nazionale intorno ai 3 miliardi di chili, la più bassa degli ultimi 15 anni. Un trend che aggrava il calo delle semine già registrato a inizio campagna sulla spinta del crollo dei prezzi pagati agli agricoltori causato dall’invasione di prodotto straniero, con le superfici del grano duro scese sotto gli 1,2 milioni ettari (mai così basse negli ultimi 6 anni) e punte del 17% nel centro Italia e di oltre l’11% nel sud e nelle isole rispetto all’anno precedente, secondo l’analisi di Coldiretti.
Agli effetti dei cambiamenti climatici si sono, infatti, sommati quelli della concorrenza sleale. Dopo un 2023 che ha visto una vera e propria invasione di cereali turchi e russi, nei primi tre mesi del 2024 hanno varcato i confini nazionali oltre 2,1 miliardi di chili tra grano duro e tenero, in aumento del 15% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con i maggiori incrementi che si registrano per gli arrivi da Turchia, Kazakhistan e Ucraina. Arrivi che si sono moltiplicati proprio in concomitanza della fase di raccolta del grano italiano e dell’avvio della nuova campagna di commercializzazione.
Nonostante le previsioni negative sulla raccolta, la prima quotazione registrata alla borsa merci di Foggia è stato quotato ben 13 euro alla tonnellata in meno rispetto all’ultima quotazione della mietitura 2023, una cifra drammaticamente sotto i costi di produzione.
La Turchia, in particolare, potrebbe disporre quest’anno di una considerevole quantità di grano per le esportazioni. Un fiume di prodotto destinato a essere trasformato in pasta italiana ma anche in pane e biscotti, sui quali peraltro non vige alcun obbligo di indicazione dell’etichetta d’origine.
Nella coltivazione del grano, in Turchia, vengono peraltro usate – denuncia Coldiretti – sostanze da anni vietate in Europa, dal Carbendazim, un fungicida sospettato di avere effetti cancerogeni, al Malathion un altro fungicida tossico per le api, dal Cyflutrin, insetticida anch’esso cancerogeno, al Glifosato, l’essiccante vietato in Italia in pre raccolta e usato anche sul grano canadese e su quello russo, che viene prodotto utilizzando un’altra sostanza non permessa nella Ue, l’erbicida Fenoxaprop P ethyl. Il grano ucraino viene, invece prodotto usando il Chlorothalonil, un fungicida sospetto cancerogeno.
Assieme alla salute dei consumatori in pericolo c’è il futuro di circa duecentomila aziende agricole impegnate a coltivare il grano in Italia che – continua la Coldiretti – è prima in Europa e seconda nel mondo nella produzione di grano duro destinato alla pasta.
Sulle importazioni dall’estero occorre far rispettare il principio di reciprocità poiché non è possibile tollerare l’invasione di grano trattato con sostanze che da noi sono vietate da decenni – denuncia Coldiretti – Ma occorre anche ridurre la dipendenza dall’estero promuovendo lo strumento degli accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.