I centri storici, piccoli e grandi, subiscono una crisi senza precedenti: da Treviso a Conegliano, da Castelfranco a Montebelluna e Oderzo, la città fa i conti con vetrine sfitte e triangoli degradati. Un cambio di rotta, nonostante i tanti sforzi, sembra non essere all’orizzonte. “Una crisi che – spiega il presidente di Confcommercio Renato Salvadori – è strettamente legata alla sopravvivenza del terziario, ovvero delle attività commerciali, turistiche e di servizio. Tutti i Sindaci e la Regione in primis devono contribuire a stoppare l’agonia del commercio se vogliono salvare le loro e le nostre città, ponendo rimedio ad una serie infinita di offese al territorio ed al buon senso autorizzate fino ad ora”.
Sul piatto la Confcommercio mette 5 idee, 5 punti che chiamano in causa i proprietari degli immobili “per contribuire concretamente – dice Salvadori – a riposizionare le start up in settori con possibilità di successo”. Tra i suggerimenti avanzati, dunque, l’idea di sottoscrivere una “carta di valorizzazione” dei territori che parta non più dal singolo comune, ma dal comprensorio, per pensare ad una politica di territorio omogenea e non circoscritta. Poi la possibilità di siglare accordi territoriali per condividere la ricaduta economica e turistica dei singoli eventi, quella di prevedere, per ogni grande insediamento commerciale o direzionale esterno, l’assunzione diretta dei costi economici di animazione necessari per mantenere la riqualificazione del centro storico, l’organizzazione di corsie burocratiche preferenziali per chi investe in attività nei centri storici, il recupero di risorse dai fondi europei attraverso una progettazione qualificata che metta a “sistema” le numerose peculiarità storiche e naturali della provincia, dai borghi storici alle ville, per facilitarne il posizionamento verso tour operator e partner europei.
Questo il lavoro che dovrebbero fare, secondo Confcommercio, enti pubblici e associazioni, ma lo sguardo si rivolge anche ai proprietari immobiliari “chiamati – dice Salvadori – a fare la loro parte, ridimensionando gli affitti in maniera coerente con il particolare momento economico, e rendendosi anche facilmente identificabili se gli immobili, nonostante gli sforzi, dovessero rimanere sfitti”.