False castraure
False castraure

La pioggia dei giorni scorsi è stata provvidenziale in campagna e in particolare nelle isole veneziane dove in questi giorni si aspettano le prime castraure di carciofo violetto di Sant’Erasmo.
La siccità dei mesi trascorsi è infatti la principale causa di un ritardo della produzione di questa prelibatezza che non potrà essere gustata quest’anno prima del 20 di Aprile. Tuttavia nei banchi di supermercati e fruttivendoli locali sono già in vendita carciofi spacciati per castraure con tanto di cartello apposto.
“E’ triste dover denunciare questa realtà – afferma Michele Borgo presidente di Coldiretti Cavallino Treporti- la cosa che mi lascia più amaro in bocca è che dovremmo fare sistema con le altre categorie e fare dei nostri prodotti tipici una ricchezza comune, evitando speculazioni che non portano a nulla di buono, in primis mancanza di trasparenza verso i consumatori”.
“Non si tratta di fare campanilismo, ma di smascherare questi inganni che danneggiano il mercato di un prodotto tipico che è peraltro presidio di Slow Food 
– puntualizza Carlo Finotello presidente del Consorzio del Carciofo di Sant’Erasmo che aggiunge – noi produttori viviamo tutto l’anno in attesa della stagione primaverile per raccogliere i frutti di una coltura che richiede cure e lavoro costanti”.
I carciofi di Sant’Erasmo sono un ortaggio coltivato da secoli in laguna nella principale isola di Sant’Erasmo, ma anche nelle Vignole, Lio Piccolo, Mazzorbo, la loro sapidità dipende dalla salinità presente nel terreno argilloso e sabbioso, ben drenato e la stagione di raccolta non è mai prima di aprile, quest’anno per l’appunto ancora più ritardata.
Molti venditori per attrarre l’attenzione del consumatore e richiamando all’immagine di quel carciofo tenerissimo, definiscono castraure carciofi diversi.
“La castraura – spiega Michele Borgo, “è un termine dialettale per indicare il primo frutto apicale della pianta che viene tagliato per primo in modo da permettere lo sviluppo di altri, mediamente, 4 carciofi laterali chiamati botoli, e 12 articiocchi successivi, ma è un termine coniato dal Consorzio del Carciofo Violetto di Sant’Erasmo che è stato registrato nel 2012 al fine di fare chiarezza a tutela del consumatore e di noi produttori”.
La funzione del consorzio del Carciofo Violetto nasce  proprio con l’intento di tutelare i produttori e i consumatori dalle imitazioni e dai falsi, “è una questione di trasparenza – chiarisce Borgo – è importante che il consumatore quando acquista i carciofi riconosca il logo che contraddistingue la produzione locale, che segue un disciplinare di coltivazione ben preciso valido anche per la mancanza di utilizzo di fitosanitari e diserbanti durante la crescita della pianta e garanzia di un sapore che richiama alla nostra terra salmastra.”