Il commercio estero nelle province di Belluno e Treviso nell’anno 2021 e prime stime sulle conseguenze della guerra.

Il Veneto rischia 1,7 miliardi di esportazioni verso Russia e Ucraina (2,4% dell’export regionale) che diventano 2,1 miliardi considerato anche il bacino di Paesi che gravita attorno al Mar Nero Orientale. Verso Russia e Ucraina la provincia di Treviso esporta 420 milioni di euro (3,0%), mentre Belluno si attesta sui 55 milioni di export (1,3%).

Il commento del Presidente Mario Pozza

L’export Veneto e di Treviso e Belluno nel 2021 era ripartito alla grande, con un forte rimbalzo a due cifre rispetto al 2020 e il superamento dei livelli export pre-Covid: 70 miliardi l’ammontare dell’export veneto, un nuovo record, +7,8% sul 2019, +16,7% sul 2020. Analoga dinamica accade sia per l’export trevigiano (+5,7% sul 2019, per un valore prossimo ai 14,5 miliardi di euro); sia per l’export bellunese (+4,6% sul 2019, per un valore di 4,2 miliardi di euro). Rimbalzi a due cifre anche per questi territori.

 

Purtroppo, oggi, nel dramma che stiamo vivendo, questi risultati sono già storia e tutto è ripiombato nell’incertezza. – commenta il Presidente della Camera di Commercio Mario Pozza –. Per effetto della guerra le imprese stanno subendo ulteriori, pesantissimi rincari ed iniziano a verificarsi, di nuovo, difficoltà di approvvigionamento, soprattutto per i prodotti metallurgici ed agroalimentari provenienti dalle aree di guerra o con transito per il Mar d’Azov e Mar Nero. E siamo soltanto agli inizi. Se la situazione, come sembra, perdurerà nel tempo, gli effetti a catena saranno molto pesanti per la nostra economia.

 

Il focus del nostro Ufficio Studi affianca alla classica analisi di consuntivo sull’export, anche una prima analisi sull’interscambio commerciale con i Paesi in guerra e con un bacino più ampio di Paesi che, logisticamente si affacciano sul Mar Nero Orientale e che già risentono delle difficoltà di transito per quelle rotte.

 

Va detto subito – sottolinea Pozza – che l’analisi dei flussi d’origine e destinazione resta parziale, perché non coglie le interdipendenze fra Paesi e settori, quanto mai importanti come abbiamo visto per la pandemia. È però significativo capire che a livello Veneto siamo esposti verso Russia e Ucraina per un export di 1,7 miliardi di euro (2,4% dell’export regionale) che diventano 2,1 miliardi con riferimento al bacino più ampio considerato. L’import veneto da quell’area ammonta a 1,3 miliardi. Treviso ha un export verso Russia e Ucraina pari a quasi mezzo miliardo di euro, mentre Belluno si attesta sui 55 milioni di export verso Russia e Ucraina.

Ma sono le dipendenze nazionali dal gas russo che preoccupano e alcune voci di approvvigionamento legate alla metallurgia e all’agroalimentare. Allora – conclude Pozza – serve che il Governo e l’Unione europea facciano il possibile sull’energetico per diversificare le fonti e rimediare agli errori strategici del passato. Inoltre, nel breve, servono provvedimenti che vengano incontro alle imprese e ai consumi, togliendo temporaneamente l’IVA e le accise su alcuni prodotti. Un taglio secco per tutti, non perdiamoci in interventi differenziati. Sono cose che vanno fatte in fretta.

Il quadro generale

La storia ha conosciuto una svolta tragica inimmaginabile. Quanto sta succedendo nel cuore dell’Europa non solo sgomenta sul piano umano, ma destabilizza senza precedenti gli scenari economici. Perfino questa espressione pare inadeguata, visto che così sono stati definiti anche gli effetti della pandemia. In situazioni del genere, chi fa il mestiere dell’analista dati si trova a commentare fotografie di fenomeni che nascono già sbiadite, che si collocano ormai dall’altra parte della Storia.

È il caso di questo bilancio sull’interscambio commerciale dei territori per l’anno 2021, sulla base dei dati diffusi da pochi giorni dall’Istat: sono le dita sulla tastiera che esitano a scrivere, a rappresentare un quadro che sarebbe stato positivo su tutti i fronti, anche rispetto al superamento dei livelli export pre-Covid, ma che ora risulta fatalmente superato dagli eventi.

Il dovere di cronaca (e la speranza che l’incubo finisca al più presto) porta comunque ad evidenziare due fatti importanti. Il primo: dopo i due anni di pandemia l’export veneto sfonda un nuovo record, portando il suo export a 70 miliardi di euro a fine 2021 (+7,8% sul 2019, l’anno più sensato da prendere a riferimento, prima che si manifestassero gli effetti della pandemia). Analoga dinamica accade sia per l’export trevigiano (+5,7% sul 2019, per un valore prossimo ai 14,5 miliardi di euro); sia per l’export bellunese (+4,6% sul 2019, per un valore di 4,2 miliardi di euro).

Le variazioni annue, a due cifre, sono ovviamente figlie dei rimbalzi dopo la fase acuta della pandemia e delle diverse velocità di recupero fra settori: si spiega così il +33,8% dell’export bellunese sul 2020 (l’occhialeria aveva conosciuto una frenata molto più marcata nel 2020), rispetto al +13,6% dell’export trevigiano, più in linea con il dato regionale (+16,7%) e nazionale (+18,7%).

Il secondo fatto rilevante riguarda l’import e introduce una prima crepa in questo consuntivo, che sarà inevitabilmente destinata ad allargarsi se perdurerà la guerra e in conseguenza anche delle correlate, e quanto mai giustificate, sanzioni economiche allo Stato aggressore.

Nell’ultimo anno, infatti l’import nazionale e regionale (ma il fenomeno accade anche in alcune province, amplificato dalle peculiarità territoriali) è cresciuto molto di più dell’export. L’import veneto (53,3 miliardi di euro) cresce del +28,5% sul 2020. Ma scorrendo le voci merceologiche è facile cogliere come solo una parte di questo incremento sia “tirato” dall’effettiva ripartenza delle filiere. Entrano in gioco anche i rincari delle materie prime: +37,5% per i prodotti chimici (fra cui fertilizzanti), +60% per la metallurgia, quasi +124% per i prodotti delle miniere e delle cave, +171% per prodotti petroliferi raffinati, per fermarci alle voci con gli incrementi più sostenuti. Ma questo è il passato, come si diceva, effetto delle disarticolazioni delle catene globali del valore durante la pandemia. Perché nel mentre si stanno scrivendo queste righe, la combinazione tra guerra, criticità negli approvvigionamenti ed errate strategie energetiche dell’Unione europea sta generando un’altra “tempesta perfetta”: con pesantissimi rincari per le imprese e carenze di materie prime o semilavorati, soprattutto per i prodotti metallurgici ed agroalimentari provenienti dalle aree di guerra o con transito per il Mar d’Azov e il Mar Nero.

Fatte queste prime evidenze, si proverà dunque ad usare questi dati nel modo seguente: come di prassi, si darà conto dei principali risultati conseguiti, sul fronte export, dall’economia trevigiana come da quella bellunese nel corso del 2021. In chiusura però del presente report, si proverà a quantificare cosa ora rischiamo di perdere a causa della guerra, qual è l’ammontare dell’interscambio fra i nostri territori e le aree di guerra. Con la precisazione, quasi ovvia, che la semplice analisi dei flussi con una precisa origine/destinazione non può dare conto delle molteplici interdipendenze fra i settori economici e le filiere, come già si è visto per la pandemia.

 

Le principali dinamiche settoriali dell’export trevigiano

Nell’anno 2021 le esportazioni trevigiane hanno raggiunto i 14,5 miliardi di euro, con un incremento del +13,6% su base annua e del +5,7% se si prendono a riferimento i risultati ottenuti nel 2019 (13,7 miliardi). L’analisi su base annua dei principali settori merceologici evidenzia un forte rimbalzo per tutte le voci merceologiche ad eccezione del settore della carpenteria metallica, mentre il confronto con i livelli pre-pandemia mostra un quadro più differenziato sull’andamento settoriale.

Possiamo infatti distinguere tra la maggior parte di settori per i quali si osserva un rimbalzo rispetto all’anno scorso, ma riescono anche a superare i livelli esportativi del 2019 (mobili, elettrodomestici, bevande, prodotti in gomma plastica, mezzi di trasporto e componentistica, altre apparecchiature elettriche) da una minoranza di settori che realizzano una variazione annua positiva, ma non raggiungono i livelli pre-Covid (macchinari, calzature e abbigliamento). Un discorso a parte merita il settore della carpenteria metallica che aveva già superato i valori esportativi pre-Covid l’anno scorso, ma nel corso del 2021 non è riuscito a mantenere i livelli del 2020.

Dall’analisi per i principali Paesi di destinazione delle esportazioni trevigiane le vendite risultano in crescita soprattutto nell’aggregato dell’Unione Europea, che assorbe oltre il 60% dell’export complessivo, dove si superano i valori medi provinciali, sia con riferimento all’anno che al biennio precedente (+603 milioni rispetto al 2019), mentre in quello dei Paesi extra-Ue 27 i flussi si mantengono al di sopra dei livelli dei due anni precedenti ma con variazioni percentuali inferiori ai valori medi provinciali.

Le vendite verso la Germania, primo partner commerciale per valore esportato con oltre 2 miliardi di euro, non hanno subìto flessioni annue nemmeno nel corso del 2020: l’incremento, rispetto al 2019, è del +16,6% (+292 milioni). In crescita in entrambi i periodi osservati anche le vendite verso la Francia, secondo partner commerciale, (+8,9%; +133 milioni rispetto al 2019), Romania (+6,7%; + 38,5 milioni), Polonia (+25,4%; +120 milioni), Belgio (+32,4%; +99 milioni) ed Austria (+5,5%; +23 milioni). In flessione, rispetto al biennio precedente, soprattutto le vendite verso la Spagna (-6,2%; -46 milioni) e la Repubblica Ceca (-25,2%; -76 milioni).

Al di fuori dell’Unione Europea le vendite beneficiano del rimbalzo sul 2020 (+11,8%) e crescono del +3,2% rispetto all’anno 2019. In forte crescita, non solo rispetto all’anno precedente, ma anche rispetto al biennio, le vendite verso gli Stati Uniti, primo partner extra-Ue (+16,6%; +166 milioni rispetto al 2019), la Corea del Sud (+49,3%; +39 milioni), Israele (+32,2%; +32 milioni), la Svizzera (+7,9%; +27 milioni), il Canada (+14,3%; +24 milioni). In flessione invece, rispetto all’annualità pre-Covid, soprattutto le vendite verso il Regno Unito (-12,8%; -124 milioni), Cina e Hong-Kong (-9%; -38 milioni) e Russia (-6,3%; -21,5 milioni).

Le esportazioni di macchinari, che a fine 2021 risultano pari a 2.292 milioni di euro, e rappresentano la prima voce dell’export trevigiano (15,8% delle vendite complessive) crescono rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (+11,5%), ma non in misura sufficiente per raggiungere i livelli delle vendite realizzate nel corso del 2019 (-3,3%; -79 milioni).

Il settore del mobile, secondo dopo i macchinari per valori esportati con 1.849 milioni di euro, evidenzia un rimbalzo del +8,9% rispetto ai primi nove mesi del 2020, ma riesce anche a superare, seppur di poco, i livelli dello stesso periodo del 2019 (+1,8%; +33 milioni).

L’elettrodomestico, che risultava già in crescita nel corso del 2020, rispetto all’anno precedente, prosegue e accelera con incrementi a due cifre sia su base annua (+18,7%) che rispetto al biennio precedente (+27,6%): le vendite, pari a 1.500 milioni di euro, sono aumentate di +325 milioni rispetto al 2019.

Con riferimento al sistema moda possiamo distinguere le calzature (quarta voce export trevigiana con 1.048 milioni di euro) e l’abbigliamento (684 milioni di euro) che accusano il rimbalzo su base annua (rispettivamente del +14% e del +10,2%), non sufficiente tuttavia a recuperare il gap sul 2019: mancano all’appello complessivamente 107 milioni di euro. Similmente l’import dei due settori, fortemente correlato all’export per i noti processi di internazionalizzazione produttiva, riesce a recuperare sullo stesso periodo del 2020, ma rimane molto al di sotto dei livelli registrati due anni fa (-5,4% per le calzature pari a -46 milioni, e -27,3% per l’abbigliamento pari a -176 milioni).

Per completare il quadro del sistema moda risulta invece positiva la performance esportativa del settore tessile che con 246 milioni di euro, in crescita sia rispetto all’anno precedente (+33%) che rispetto ai livelli pre-Covid (+3,4%).

La carpenteria metallica, con 864 milioni di euro di export nel corso del 2021, è in flessione del -3,9% sull’anno precedente (-35 milioni) a causa della forte accelerazione avuta nel 2020 che ha portato il settore a superare, sia nel corso del 2021 che nel corso del 2020 i livelli del 2019 (rispettivamente +3,3% e +7,5%).

L’export di bevande (829 milioni di euro) – che per la provincia di Treviso è riconducibile quasi esclusivamente alla vendita di vino ed in particolare di Prosecco – cresce su base annua (+15,5%) e supera anche i risultati ottenuti nel 2019 (+11,2%; +83 milioni). Anche il settore alimentare, con 539 milioni di export, pur con variazioni più contenute, risulta in crescita rispetto all’anno precedente (+2,5%) e riesce a superare i livelli dello stesso periodo del 2019 (+2,3%; +12 milioni).

Molto positivi anche i flussi esportativi dei prodotti in gomma-plastica (669 milioni di euro) che superano sia i livelli dell’anno 2020 (+19,8%) che quelli del 2019 (+15,4%; +89 milioni).

Le esportazioni di mezzi di trasporto e di componentistica afferente alla filiera dell’automotive (525 milioni di euro), beneficiano di un rimbalzo del +15,7% rispetto all’anno precedente, e riescono a portarsi appena sopra ai livelli esportativi del 2019 (+1,5%; +7,8 milioni).

Il settore delle altre apparecchiature elettriche (522 milioni di euro), pur a fronte di un rimbalzo annuale inferiore a quello medio provinciale, risulta in crescita rispetto al biennio precedente, più del valore medio provinciale (+8,5%; +41 milioni).

Le esportazioni di metallurgia (387 milioni) che non hanno subìto flessioni nell’anno della pandemia, guadagnano un 36% sia su base annua che rispetto al 2019 (+104 milioni).

Con riferimento alle importazioni si segnala che nell’anno 2021 la provincia di Treviso ha acquistato merci per un totale di più di 7,7 miliardi di euro, in crescita del +25,1% rispetto al 2020 e del +13,2% rispetto al 2019.

 

Le principali dinamiche settoriali dell’export bellunese

Le esportazioni bellunesi dell’anno 2021 sono risultate pari a 4,2 miliardi di euro, di cui più di 2,9 miliardi riguardano l’occhialeria. Anche per Belluno si registra un rimbalzo annuo a due cifre (+33,8%), che ha permesso il pieno recupero ed il superamento dei livelli esportativi del 2019 (+4,6%; +186 milioni), periodo non ancora condizionato dalla pandemia.

Dall’analisi per i principali Paesi di destinazione delle esportazioni bellunesi si rilevano forti rimbalzi sul 2020, che portano a superare i livelli pre-Covid sia tra i Paesi intra che extra-Ue27: le vendite verso i Paesi extra-Ue27 sono sostenute essenzialmente dagli Stati Uniti, primo partner commerciale per valore esportato con oltre 1 miliardo di euro, con una crescita del +21,4% rispetto al 2019 (+193 milioni); in flessione invece le vendite verso Cina Hong-Kong (-24,8%; -70 milioni), Brasile (-38,3%; -25 milioni), Regno Unito (-7,3%; -18 milioni) ed Emirati Arabi Uniti (-15,3%; -8,5 milioni).

All’interno dell’Unione Europea, che assorbe il 45,5% dell’export complessivo, l’incremento sul 2019 è pari al +7,2% (+130 milioni) mentre al di fuori dell’Unione la crescita si ferma al +2,5% (+56 milioni). All’interno dell’Unione per quasi tutti i primi dieci Paesi sono stati superati i livelli esportativi del 2019. In primis Francia e Germania con vendite in crescita rispettivamente del +10% (+44 milioni) e del +8,9% (+30 milioni) rispetto al 2019. In controtendenza le vendite verso Spagna e Paesi Bassi, per i quali non sono stati raggiunti i livelli pre-Covid, nonostante il rimbalzo su base annua.

Il risultato medio provinciale è in buona parte condizionato dall’occhialeria, settore che pesa per quasi il 70% sulle esportazioni provinciali del 2021 e che, in linea con il dato complessivo, vede una crescita delle vendite all’estero, su base annua, del +42,8% (+885 milioni), sufficiente al pieno recupero e superamento anche dei livelli pre-Covid (+3,3%; +95 milioni). Sia le vendite al di fuori dell’Unione, che assorbe il 65% delle vendite del settore, sia quelle all’interno dell’Unione, sono state interessate da un forte rimbalzo sul 2020, che ha permesso anche il superamento dei livelli pre-Covid (+3,3% per entrambe le Aree).

Al netto dell’occhialeria l’analisi settoriale evidenzia un rimbalzo del +16,8% sul 2020 e il superamento dei risultati ottenuti nello stesso periodo del biennio precedente pari al +7,6% (+91 milioni di euro).

Anche i macchinari, seconda voce export con 473 milioni di euro, crescono sia rispetto all’anno scorso (+13,3%) che rispetto all’anno 2019 (+6,2%; +28 milioni). Per contro i prodotti in gomma o plastica, terza voce dell’export bellunese con 104 milioni di euro, subiscono invece una forte contrazione su base annua pari al -19% con un calo nel biennio del -13,9% (-17 milioni).

In recupero e superamento dei livelli export dell’anno 2019 le vendite di prodotti di elettronica e apparecchiature di precisione (+9,6%; +8,5 milioni), e di metallurgia (+8,1%; + 6 milioni).

Sono stati superati i livelli export dei primi mesi del 2019 anche per le vendite di carpenteria metallica (+4,4%), di altre apparecchiature elettriche (+14%) mentre le esportazioni di prodotti alimentari si portano ai livelli pre-Covid (+0,1%).

Infine, persiste la sofferenza del legno, sia su base annua che guardando al biennio: dai 21,5 milioni di vendite dell’anno 2019 si passa a 8 milioni di quest’anno (-62,4%) e del conseguente settore del mobile che cresce su base annua (+18%), ma non in modo sufficiente per superare i valori delle vendite pre-Covid (-19,3%).