Una “cittadella della povertà” in un zona periferica di Mestre, con una struttura dove concentrare barboni, immigrati e persone bisognose. Simile nel concetto alla “cittadella della giustizia” di piazzale Roma, ma diversa per connotazione antropologica. L’idea è del sindaco Luigi Brugnaro, il quale giustifica l’iniziativa con “esigenze di razionalizzazione dei servizi”, riferendosi alle mense dei poveri ubicate in centro città, nei pressi delle aree pedonali di piazza Barche e piazza Ferretto, dove si registra il passaggio di centinaia di disperati che ogni giorno si recano nelle strutture di via Querini e via Cappuccina. Un via vai che crea problemi di degrado urbano e malumori nei residenti.
La proposta di Brugnaro crea però qualche sconcerto nella diocesi veneziana. Prendendo spunto in un recente incontro pubblico, il patriarca Francesco Moraglia ha chiarito che “non si possono emarginare realtà che appartengono al vivere sociale. Se ci sono problemi che richiedono di organizzare meglio le mense, ci impegneremo in tal senso, ma non acconsentiremo a creare barriere all’interno della comunità”.
Insomma, niente ghetti. Del resto, la sortita del primo cittadino qualche sospetto di emarginazione lo pone, visto che arriva proprio in occasione delle Festività, quando le strade risplendono di luminarie e imperversa lo shopping nei negozi di lusso. La presenza dei clochard non sembra essere perciò “in tono” con il decoro della città: sarebbe un contrasto sociale troppo evidente. Resta, a questo punto, da chiedersi: ma davvero si possono risolvere i problemi buttando la polvere sotto il tappeto?