Esclusa la pista del terrorismo islamico per i due involucri trovati giovedì all’alba all’interno dei due pozzi nel cortile di Palazzo Ducale, gli inquirenti sembrano orientati a “battere” una pista interna al museo più importante della città lagunare. Ancora non ci sono certezze ma sembra difficile che un turista possa essersi introdotto all’interno per lasciare quei due oggetti.
La spiegazione
Nel passato ci sono state tensioni sindacali tra il personale, la maggioranza del quale è dipendente di una cooperativa culturale, ma da mesi non ci sono scioperi, però tra venti giorni scade l’appalto e la Fondazione Musei civici dovrà indire una nuova gara. La cooperativa in questione, che fornisce il personale di guardiania, ha una cinquantina di dipendenti, poi ci sono poco meno di una decina di dipendenti della Fondazione, quindi quattro che gestiscono il bar, infine le guardie giurate che controllano durante la notte. Complessivamente una settantina di persone. Purtroppo non ci sono telecamere che inquadrano il grande cortile e, di conseguenza, non esiste alcuna ripresa. Anche per questo gli investigatori ritengono che chi ha gettato i due oggetti lo abbia fatto intenzionalmente sapendo che non sarebbe stato inquadrato da alcun obiettivo. E se davvero si tratta di un interno avrebbe agito per vendicarsi di qualche altro sapendo che non sarebbe mancata l’attenzione mediatica a causa del clima creato dagli attentati di Bruxelles. All’interno del palazzo esiste più di un laboratorio dal quale potrebbero provenire sia i cristalli di quarzo contenuti negli involucri sia la carta macchiata di ruggine e di rosso; materiale facilmente rintracciabile nei laboratori interni.
Le possibilità
Certo non viene escluso a priori che possa essere stato un visitatore in vena di compiere una vera e propria goliardata. Ma perché un visitatore avrebbe dovuto trascinare con sé quegli oggetti nella borsa, sapendo poi che zaini e borse vengono controllati all’ingresso del museo, a Venezia e in tutte le città d’arte?
Gian Nicola Pittalis