In relazione a dichiarazioni del Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, pubblicate oggi da alcuni quotidiani veneti, il Commissario delegato per i primi interventi urgenti di Protezione Civile in conseguenza della contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) delle falde idriche nei territori delle province di Vicenza, Verona e Padova, dottor Nicola Dell’Acqua, puntualizza:

“Dovrebbe essere chiaro a tutti che la costruzione di un acquedotto e la bonifica del sito Miteni, sono due questioni che devono andare avanti insieme. Ed entrambe non posso prescindere dagli indispensabili limiti nazionali che ancora non sono realtà, assenza che fa sentire i suoi pesanti riflessi sia a livello legale, sia operativo. In molte regioni d’Italia il tema Pfas non è ancora neppure stato preso in considerazione, nonostante uno studio del CNR del 2013 e i recenti prelievi sul Po indichino la massiccia presenza di queste sostanze in altri territori che non sono il Veneto.

Ben vengano, dunque, i fondi trasferiti al Veneto per la sostituzione degli acquedotti, ma non si deve fare confusione.

Essi nulla c’entrano con la necessaria bonifica del sito Miteni e col risanamento della falda che, ad oggi, è inquinata anche da Pfas non citati nelle ultime leggi europee e nazionali. Cosa che rende indispensabile indagini a tutto campo (avviate dai tecnici della Regione del Veneto) e limiti nazionali che ancora non sono all’orizzonte, nonostante le reiterate dichiarazioni governative.

Deve essere assolutamente e irrevocabilmente chiaro che bonificare e pulire una zona, e permettere ancora di inquinarla, sarebbe un’azione da incoscienti.

Soltanto il Veneto, infatti, in perfetta solitudine, sta attuando una serie di procedure per essere sicuro che queste nuove e vecchie sostanze vengano trattate e non disperse ancora nell’ambiente.

Abbiamo già suggerito di trattare il sito della Miteni alla stregua di altri siti nazionali (Bagnoli, Pioltello e altri) dove le regole e gli inquinanti erano chiari e presenti nelle leggi con limiti precisi. In questo caso allora è ancora più importante, proprio perché dall’Europa e dal governo nazionale faticano a elaborare e imporre limiti che renderebbero più semplici le procedure e non esporrebbero la Regione del Veneto a decine di ricorsi (oltre 40) contro la applicazione di quei “limiti zero” che la Giunta Regionale ha imposto motu proprio.

È per questo che la Regione ha formalmente richiesto, nelle settimane scorse, che il Governo provveda a nominare un commissario per la bonifica del sito e ha messo a disposizione fin d’ora 3 milioni di euro per accelerare e garantire i tempi di realizzazione delle pratiche di bonifica che, comunque, per legge spettano a chi ha inquinato.