Rimarrà (in negativo) negli annali della palla ovale, la sentenza della Federazione italiana rugby, che ieri ha deciso di squalificare a vita Bruno Andres Doglioli, l’italo-argentino che, lo scorso 11 dicembre, durante la partita di serie A tra Valsugana e Rangers Vicenza, aveva “placcato” da dietro la giovane arbitro Maria Beatrice Benvenuti.

Inizialmente il capitano della squadra vicentina era stato sospeso dal giudice sportivo per 36 mesi, ma la procura federale aveva fatto ricorso. Ieri, la Corte d’appello della Fir ha deciso di radiare il 35enne giocatore, il quale avrebbe commesso il brutale gesto perché “infastidito” per un’ammonizione. L’arbitro aveva descritto così l’accaduto nel referto: «Sono caduta sbattendo la testa addosso a un giocatore e costui, rialzandosi, si allontanava senza scusarsi o assicurarsi del mio stato».

Da quel giorno la donna, che ha rischiato di rimanere paralizzata, non ha più potuto allenarsi. Benvenuti è stata l’unica rappresentante del rugby italiano alle Olimpiadi di Rio. Ieri, dopo la sentenza, ha commentato sulla sua pagina Facebook: «Nel rugby l’arbitro è il 31esimo giocatore in campo. Si gioca con Lui, non contro di Lui. Il nostro sport è diverso».

Doglioli, che non si è neppure costituito, ha ora la possibilità di ricorrere al Collegio di garanzia dello sport presso il Coni, una sorta di Cassazione. In ogni caso, la società ha già fatto sapere che non intende appellarsi al terzo grado di giudizio. La Federazione nazionale rugby ha definito la grave sentenza una «decisione che tutela i valori fondanti del nostro sport». Dello stesso tono anche le dichiarazioni di Mauro Dordolo, presidente della Commissione nazionale arbitri: «Una sentenza che tutela la figura dell’arbitro». Una voce clemente arriva invece da Marzio Innocenti, ex capitano azzurro e referente Fir in Veneto: «Il rugby deve essere capace di porgere una mano a colui che ha sbagliato, facendogli capire l’errore e riportandolo nel mondo che fino a ieri era il suo».

In Italia gli arbitri di questa disciplina sono in tutto 1.200 (un centinaio le donne), di cui 200 solo in Veneto.