“La siccità non è una emergenza, ma una situazione con cui convivere. Occorre dunque un cambio di passo per affrontare la questione”. Federica Senno, presidente di CIA Venezia, ha aperto così i lavori del convegno sulla gestione sostenibile delle acque, che si è svolto martedì pomeriggio a Mestre.
“Ci vuole sinergia tra tutti gli attori coinvolti – ha aggiunto – perché la siccità non è un problema provinciale, ma su larga scala. Bene dunque un regista a livello nazionale, che abbia una visione complessiva e ad ampio raggio. Anche la tempistica è importante. Ci vogliono tempi lunghi e non possiamo perderne”.
Senno ha elencato le priorità secondo CIA Venezia: riduzione degli sprechi, progetti di micro e macroinvasi, pulizia e manutenzione di canali e fossati, efficientamento della rete di distribuzione (ancora oggi si perde il 30-40%). Ci vuole ricerca su colture che siano più resistenti e che consumino meno acqua.
“La legge nazionale sul consumo di suolo è una priorità. La provincia di Venezia è una delle prime in Italia per consumo. Bisogna rivedere e aggiornare i piani delle acque, che non deve essere più smaltita velocemente, ma conservata con parsimonia. Suggerisco infine uno studio di fattibilità su un impianto di desalinizzazione. Dicono sia costoso, ma quanto costa rispetto alla perdita di produzione, rispetto ad una siccità che non ha ritorno? Per questo stiamo predisponendo un ordine del giorno, da presentare a tutti i Comuni della città metropolitana, perché ci sia una presa di coscienza complessiva sulla questione”.
Massimo Ferrario, meteorologo dell’Arpav, ha ricordato che “nella nostra regione la temperatura sale di 0,52 gradi ogni 10 anni, molto di più della media mondiale. Nel 2022abbiamo avuto 31 notti in cui la temperatura non è scesa mai sotto i 20 gradi. Le precipitazioni crollano: a febbraio abbiamo avuto il 96% di pioggia in meno rispetto alla media. E quando piove, lo fa con violenza. In 50 anni a Venezia abbiamo perso un mese di nebbia”.
Luigi D’Alpaos, professore emerito di idraulica, ha invitato a non cedere al sensazionalismo, sulla base dei dati. “Le precipitazioni del 2022 (771 mm) non è drammaticamente più basso rispetto alla media degli ultimi 30 anni (1100 mm). La dichiarazione di irreversibile siccità è affrettata”. In una approfondita disamina storica, dal Vajont in poi, ha ricostruito la situazione degli invasi esistenti, che dovrebbero fungere da serbatoio durante i mesi in cui la portata dei fiumi è inferiore alle necessità irrigue. “Le concessioni nel passato sono state irresponsabili, oggi paghiamo scelte sbagliate del passato. Oggi è più credibile fare una gestione più oculata delle risorse concesse, abbandonare sistemi di irrigazione obsoleti, utilizzando solo l’acqua necessaria”.
Stefano Calderoni, vicepresidente di ANBI nazionale e Francesco Cazzaro, presidente di ANBI Veneto, hanno respinto l’idea che ci sia una sopravvalutazione del problema e auspicano un accordo tra i vari portatori di interessi. “L’agricoltura non spreca acqua, ma certamente bisogna fare innovazione, sia sull’irrigazione che sulla genetica delle piante. Come ha detto CIA, ci vuole una regia che tenga insieme le esigenze degli agricoltori, del turismo, dell’ambientalismo. I consorzi di bonifica sono a disposizione del territorio e pronti a collaborare per aiutare in questo percorso di rilettura e di programmazione”.
Franco Contarin, della direzione Bonifica e Irrigazione della Regione Veneto, ha illustrato la strategia da adottare: “Bisogna stoccare l’acqua. La stagione irrigua in Veneto ha bisogno di 1 miliardo di metri cubi d’acqua. Come fare? Ridurre le perdite, utilizzare meglio l’acqua per l’irrigazione, costruire invasi e respingere la risalita del cuneo salini. Il Veneto ha presentato progetti per 400 milioni di euro. E sugli invasi, sono pronti progetti diversi scenari, a seconda dell’evoluzione del clima, che prevedono da 90 a 1.174 bacini, per garantire 1,2 miliardi di metri cubi. Nello scenario peggiore, con poca pioggia e scarsa portata dei fiumi, ci vorrebbero 6.500 bacini, con due miliardi di mc (e 13 miliardi di euro di costo)”.
Il presidente regionale di CIA Gianmichele Passarini ha concluso ricordando che “i modelli di studio sono trentennali, ma gli agricoltori vivono di annate agrarie. Bisogna intervenire con velocità”.