Un gruppo nazionale di 100 PMI competitive, con tecnologie elevate, che, condividendo  informazioni e mettendo insieme le proprie eccellenze, possano avere le carte in regola per essere un cluster in grado di dialogare con i grandi players nazionali e internazionali dell’aerospazio. Alcune saranno anche trevigiane.

La “chiamata” arriva dall’imprenditore Gaetano Bergami, titolare di BMC, e responsabile nazionale di CNA Aerospazio, ospite dell’evento “Space economy: quali opportunità per le PMI” che si è tenuto in un hangar dell’aeroporto militare di Istrana alla presenza di un centinaio di imprese e altrettante collegate da remoto.

L’evento, il primo di un ciclo di tre, è stato organizzato da CNA Treviso, con il sostegno della Camera di Commercio Treviso-Belluno e la collaborazione di numeri partner, tra cui Fab Lab Castelfranco Veneto.

L’Italia, il quinto paese al mondo dopo Urss, Usa, Canada e Gran Bretagna ad aver effettuato un lancio orbitale (fu il satellite San Marco nel 1964), è ancor oggi la sesta potenza spaziale al mondo e vanta l’intera filiera produttiva che porta allo spazio.

«L’aerospaziale è il settore dove oggi si trova la più alta tecnologia sul pianeta, quindi entrarci è una sfida affascinante per un’impresa – ha spiegato Bergami -. È certamente un percorso complesso perché richiede tecnologie speciali che però molte nostre aziende hanno e stanno usando per altre applicazioni: devono sapere che potrebbero essere spese anche nell’aerospazio. I vantaggi, quando si riesce ad entrare, sono importanti come ad esempio commesse di 20-25 anni, un arco temporale che permette ad un’azienda di programmare il proprio sviluppo. Servono imprenditori che abbiano la voglia di mettersi in gioco e accettare la sfida. CNA Aerospazio è nata per aiutarli».

A CNA Aerospazio fanno riferimento già una trentina di PMI da tutta Italia che, eccellenze in settori tradizionali,  sono riuscite ad entrare anche nel settore dell’aerospazio.

E’ intervenuto anche Anilkumar Dave, responsabile del trasferimento tecnologico dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che ha fatto la cronistoria della corsa allo spazio, raccontando qual è stato, qual è e quale intende essere il ruolo del nostro Paese nella presente era spaziale e quali benefici concreti possono ottenere le imprese.

L’era dello spazio 1.0 era stata quella dell’infinità osservata da terra; poi, negli anni Sessanta, con la corsa allo spazio avviata nel 1957 con il lancio dello Spuntnik russo, era iniziata l’era dello spazio 2.0; quindi, con il lancio della prima stazione internazionale nel 1998, si era entrati nell’era dello spazio 3.0; lo 4.0 è stata la fase successiva con protagonisti gli stati e le agenzie pubbliche; oggi siamo ormai nell’era dello spazio 5.0, quello della news space economy, caratterizzato dal ruolo del privato, dall’approvvigionamento di dati e materie prime nello spazio e dalla contaminazione sempre più stretta tra economia terrestre ed economia spaziale.    

«Lo spazio è sì un mercato per chi offre tecnologie e prodotti ma anche per chi vuole usare le tecnologie spaziali e i dati di derivazione spaziale per sviluppare nuove applicazioni  – ha spiegato -. Ad esempio le tecnologie spaziali che vengono utilizzate per la sensoristica, possono essere utilizzate nell’automazione, nella meccanica; ci sono esempi di sensori spaziali che rilevano temperature molto alte e molto basse usati per gli elettrodomestici; oppure ancora immagini e osservazioni della terra usate per l’agricoltura di precisione; e ancora rilevatori utilizzati nello spazio applicati poi nel biomedicale per fare nuove tac e altri strumenti di magnetorisonanza. Lo spazio è molto più vicino di quello che pensiamo, non è più un club per un elite di pochi. A beneficio di moltissimi è ciò che viene definito il downstream, ovvero l’utilizzo dei dati di posizionamento satellitare, di osservazione della terra o le tecnologie per applicazioni che sono molto lontane dal settore dello spazio».