C’è chi lo bolla come uno spreco di soldi (l’assessore Anna Caterina Cabino); c’è chi invece non solo ne è il paladino, ma addirittura lo definisce come «la luce nella notte della Repubblica» (copyright Luca Zaia). Il referendum sull’autonomia del Veneto[s2If !current_user_can(access_s2member_level1)] …READ MORE[/s2If][s2If current_user_can(access_s2member_level1)] a cui si aggiunge quello della Lombardia, non ha ancora una data ma ha un’etichetta. Precisa e riconoscibile: quella della Lega. Con qualche ritocco: non evoca più il sogno secessionista di bossiana memoria, ma un più concreto autonomismo, alla altoatesina per intendersi. Insomma, nelle intenzioni di Zaia e Maroni, si tratta di avviare un modello federalista, iniziando dalle due regioni più rappresentative, che potrebbe essere replicato nelle altre del nord del Paese.

Se qualcuno dunque pensava che il vigore indipendentista si fosse sciolto con l’uscita dalla scena dell’”uomo forte”, oggi ha la riprova che anche in versione soft i leghisti non scherzano. Zaia e Maroni, sfruttando anche l’ampio consenso di cui godono nei rispettivi territori, ripropongono un tema che non manca di retorica irredentista (imprescindibile elemento tattico) ma che trova terreno fertile nel caos politico e nella difficile congiuntura economica del Paese.

E’ bene comunque precisare che la consultazione referendaria (senza quorum) ha solo valore consultivo. Pertanto, qualora si dovesse svolgere e se i cittadini lombardo-veneti dovessero esprimersi a favore, il responso costituirebbe un segnale importante, a cui però non seguirebbe, almeno nell’immediato, l’esito sperato.

Certo, partirebbero subito le trattative con il governo, perché un’autonomia amministrativa significherebbe trattenere sul proprio territorio il 90% delle tasse pagate dai contribuenti locali. Un impatto non indolore sui conti pubblici del Paese, considerato che Veneto e Lombardia versano annualmente nelle casse dello Stato un residuo fiscale (la differenza tra entrate e uscite) di oltre 70 miliardi; precisamente: 53,9 miliardi la Lombardia e 18,2 il Veneto.

Coscienti dei loro mezzi, i due governatori hanno perciò deciso di bruciare la miccia. Nella conferenza stampa di fine anno, Luca Zaia, forte anche del successo ottenuto con l’approvazione della legge regionale sul riconoscimento del dialetto veneto come minoranza linguistica, aveva già dichiarato il 2017 come l’anno del referendum.

Facendo appello a esigenze di risparmio dei soldi pubblici, i due governatori incalzano il governo per invocare un election day, nel quale far coincidere la consultazione referendaria sull’autonomia con quella sul lavoro richiesta dalla Cgil, piuttosto che con le votazioni amministrative.

Nella recente missiva indirizzata al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al ministro dell’Interno Marco Minniti, infatti, Zaia e Maroni fanno riferimento alle due scadenze, referendaria ed elettorale, per ribadire che l’election day «non può che incontrare la sensibilità di tutti i livelli istituzionali, in considerazione delle imprescindibili esigenze di contenimento della spesa pubblica».

La richiesta, inoltrata anche all’attenzione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del ministro per gli Affari regionali Enrico Costa, è solo l’ultima di numerose petizioni già rivolte a Palazzo Chigi in questo senso.

In precedenza, i due presidenti di regione avevano proposto di accorpare il referendum consultivo sull’autonomia con quello confermativo del 4 dicembre sulla Riforma costituzionale. Nel luglio dello scorso anno, inoltre, Zaia e Maroni, avevano rinforzato il pressing “minacciando” il governo di provvedere da soli se non avessero ricevuto riscontro in tempi brevi alle precedenti richieste. Nessuna nota pervenne dal governo Renzi, allora in carica, e il tutto fu rimandato.

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Fino ai nostri giorni. Nelle scorse settimane Luca Zaia è tornato alla carica annunciando un prossimo incontro con il ministro dell’Interno Marco Minniti per chiedergli l’election day, «magari in occasione del referendum sui temi del lavoro, per poter risparmiare i 14 milioni di costi». Aggiungendo che lui è pronto a fare da solo, come dimostra l’intesa firmata con le altre forze politiche.

Tra le quali figura anche il Movimento 5 Stelle. Non è la prima volta che in Veneto grillini e Carroccio vanno a braccetto. Anche sul tema dell’immigrazione i due schieramenti si sono trovati sullo stesso fronte un anno fa, quando quattro consiglieri pentastellati (sui cinque di Palazzo Ferro Fini) votarono a favore del progetto di legge leghista per l’abrogazione della normativa regionale a favore della tutela di Rom e Sinti.

Mentre a livello nazionale si accende lo scontro su un’eventuale alleanza post-voto tra Grillo e Salvini, nel laboratorio veneto quest’intesa è già realtà, almeno per ciò che riguarda le risorse da trattenere sul territorio. «Come Movimento siamo favorevoli alle consultazioni referendarie e in particolare a questa promossa a livello regionale dalla Lega», spiega il consigliere regionale grillino Simone Scarabel, del quale riportiamo altre dichiarazioni nelle pagine seguenti.

Intanto, con l’intesa sottoscritta tra Giunta e Consiglio regionale si è dato avvio alla progettazione della piattaforma tecnologica necessaria per fornire supporto alla consultazione. In pratica si farà un nuovo sito web per la presentazione e la diffusione delle informazioni sul voto e sarà realizzata un’applicazione software per la raccolta dei dati riguardanti le operazioni ai seggi e lo scrutinio. «I veneti – ribadisce Zaia – hanno di fronte a loro un’occasione storica. Mi attendo una partecipazione di massa, solo così faremo capire a Roma il nostro reale sentimento autonomista».

Dichiarazioni che rivelano una certa sicumera sull’esito finale, soprattutto quando «auspica la nascita di un Comitato per il No». Insomma, il dado è tratto e non si vede l’ora di andare in battaglia.

Ma quando si svolgerà il D-day? Qualcuno dice i primi di aprile. La questione non è semplicissima, anche perché sono ancora da decidere le date delle altre consultazioni (jobs act e comunali, alle quali potrebbero perfino aggiungersi le elezioni politiche).

Intanto, il comitato di costituzionalisti ed esperti insediato da Zaia (Luca Antonini, Mario Bertolissi e Carlo Buratti), tutti ordinari all’università di Padova, è d’accordo su un punto: «Per la prima volta nella storia repubblicana milioni di cittadini saranno chiamati a esprimersi sulla loro autonomia». Ciò che conferisce a questo referendum una sorta di “valore fondativo”.

Breve nota a margine: sul sito della regione Veneto (http://www.regione.veneto.it/web/guest/home), in home page spicca un box dal titolo emblematico: “Referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto. Modalità per la restituzione delle somme versate”. Al link è indicata la procedura che devono seguire i cittadini e le imprese che hanno versato somme per sostenere l’indizione del referendum. Alla nostra richiesta di precisazioni, nessuno ha risposto.

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