Prima della partenza per il ritiro pre-campionato, la cui prima parte si svolgerà a Rogla, in Slovenia, mister Ivan Javorčić, allenatore della prima squadra del Venezia FC, ha incontrato la stampa in una conferenza alla tensostruttura Agorà del Taliercio. Queste le sue dichiarazioni.
Innanzitutto mister: aveva già avuto modo di conoscere i giocatori? “Sinceramente oggi c’è il primo vero e proprio contatto. Gli ultimi giorni sono stati dedicati alle visite mediche, io i ragazzi li ho sentiti telefonicamente, chiaro che, essendo proprio adesso in partenza, non ci siamo ancora detti qualcosa di sostanziale. Il Venezia sta vivendo un momento per ricostruirlo, non tanto per ripartirlo. C’è una solida base, ma si deve costruire l’identità con il lavoro, le relazioni. Work in progress quindi, ma ci sta, viste le difficoltà dovute alla retrocessione”.
Lavori in corso specie per quanto riguarda il settore dell’attacco. “È un dato di fatto, anche numericamente. Si tratta di una squadra già formata in difesa, reparto che in questo momento dà maggiori sicurezze. A centrocampo ci sono tanti giocatori, bisognerà capire chi rimarrà, è una questione di scelte, tanti ragazzi hanno il vissuto dell’anno scorso e hanno, credo, richieste da parte di altre società. L’attacco è tutto da costruire. Può essere un’ottima opportunità per poterci lavorare, chiaro che è il settore più difficile e delicato da operare sul mercato. Vogliamo un attacco competitivo, che ci garantisca un certo tipo di campionato e di competitività. Comunque, queste sono dinamiche normali in un momento storico difficile, nel senso che, dopo la retrocessione, si è “puliti” da questo punto di vista, ma sulla nostra identità abbiamo le idee chiare”.
Sui giocatori italiani: ci sono degli “intoccabili” oppure no?
“In questo momento, nella rosa ci sono giocatori che, per la loro storia, hanno dimostrato un certo tipo di solidità. I giocatori però li conosci solo quando li alleni, anche da un punto di vista personale, umano. Di sicuro hanno avuto un certo tipo di peso nel gruppo, ed io sono proprio curioso di scoprire il peso che hanno questi giocatori”.
Quali caratteristiche cercate in un giocatore, in un attaccante soprattutto?
“Si possono elencare varie caratteristiche, dai numeri, al fatto di voler applicare un tipo di calcio aggressivo, con predisposizione a dominare il gioco. In generale, il giocatore ideale è chi ha propensione al sacrificio. Mi concentro più che altro sulle caratteristiche. Poi certo, anche i nomi fanno parte del gioco. La nostra area sportiva, comunque, è preparata in tal senso”.
Quanto invece ai più giovani?
“È possibile che i tanti giovani presenti rimangano nel roster. Soprattutto in ritiro. C’è qualche ragazzo interessante, non ho nessun limite, il giocatore lo giudico per qualità persona e predisposizione al sacrificio. L’età conta poco, anzi penso che sia meglio se si tratta di un calciatore giovane”.
Quale sarà il Suo metodo di allenamento in ritiro?
”Si lavorerà tanto, e si cercherà di creare una cultura di lavoro basato su elementi come: intensità, miglioramento, creare rapporti solidi all’interno. L’idea di gioco sarà quella di dominarlo nella sua totalità, sia in fase offensiva che difensiva. Bisogna lavorare di più e meglio degli altri, non c’è altra strada che il lavoro”.
Come può valutare i nuovi innesti?
“La società ha lavorato molto bene, ha dato segnali importanti, dopo la retrocessione cambia concettualmente il mondo, nel senso che parliamo di due categorie, due serie differenti. Andersen e Wisniewski sono giocatori importanti. Dove c’è da ricostruire, bisogna partire con esperienza, unitamente all’energia che possono dare i giovani giocatori, è come sempre bisogno è questione di equilibrio. La società sta facendo in modo di avere il giusto numero di giocatori”.
Ha Parlato con tutti i ragazzi? Per quello che ha potuto percepire, c’è voglia di riscatto?
“Li ho sentiti al telefono per salutarli, da domani cominceremo a lavorare in ritiro e farò sicuramente colloqui individuali. È arrivato anche Busio”.
Qual è la cosa che l’ha maggiormente colpita, finora?
”Il dinamismo delle persone: vedo molta passione e dedizione al lavoro, anche volontà di lavorare insieme, gente che ci tiene al progetto Venezia. Percepisco energia, in questo momento”.
E lei invece come si descriverebbe, in relazione a questa nuova avventura?
“Sono curioso, per me questa è una grande sfida, data anche dalla storia di questa piazza. La cosa più stimolante è quella di un percorso che voglio fare, una sfida personale per cercare di migliorare il mio ambiente lavorativo, in una piazza, come detto, storica, che merita rispetto”.
Pensa che sia importante, per gli atleti, raggiungere la forma perfetta il prima possibile?
“Non penso che si tratti di raggiungere quanto prima la forma, ma di avere predisposizione a lavorare con continuità, il calcio bisogna guardarlo nella sua totalità. La corsa, oggi, è indubbiamente un lato importante dell’espressione dell’atleta, ma come ho detto è necessario tenere conto di tutto, perché la preparazione atletica è importante, ma di più lo è l’identità di gioco”.
Lo Staff tecnico è già definito o c’è la possibilità di qualche nuovo innesto?
“In questo momento sono molto contento di chi sta lavorando con me, poi in futuro può esserci qualche innesto”.
Dove andrà ad abitare?
“Bella domanda. Venezia ha una sua particolarità, quella di essere una città unica al mondo, non so se potrò scoprirla anche vivendola. Non è facile adattarsi, certo. Sto prendendo tutto in considerazione, sicuramente il fascino e la storia di Venezia mi incuriosiscono parecchio. Voglio conoscerne sia le “mura” che le persone. Sto imparando anche il veneto”.