Agricoltura - immagine di repertorio
Agricoltura - immagine di repertorio

Agricoltura, cattive notizie. A differenza dello stereotipo in base al quale il fatto di lavorare in campagna sia un’attività salutare, in realtà le cose stanno diversamente, quantomeno a giudicare dal rapporto del patronato Inac della CIA – Confederazione Italiana Agricoltori.

“L’immagine bucolica dell’agricoltore è purtroppo smentita dai dati sulle denunce delle malattie professionali– conferma la presidente di CIA Venezia, Federica Senno – A livello italiano, e il dato è in linea anche nella nostra provincia, le denunce di malattie professionali in agricoltura sono cresciute del 9,5% tra il 2021 e il 2022. Preoccupa l’ipotesi  – aggiunge Senno – che il dato delle domande di riconoscimento delle malattie professionali sarebbe ben più alto, e non lo è perché la maggioranza degli agricoltori ignora il sistema delle tutele previste nel nostro Paese, per le patologie connesse al lavoro”.

Le malattie professionali più diffuse in agricoltura, secondo il patronato Inac-Cia, sono le seguenti:
1) Disturbi dei dischi intervertebrali,
2) Entesopatie periferiche
3) Mononeuriti dell’arto superiore e mononeuriti multiple
4) Sordità
5) Spondilosi
6) disturbi delle sinovie, dei tendini e delle borse
7) Artrosi
8) Lesioni interne del ginocchio
9) disturbi dell’orecchio
10) Traumatismo dei nervi periferici del cingolo scapolare e dell’arto superiore.
Seguono, in questa triste classifica, una serie di neoplasie che riguardano gli organi respiratori.

“In base ai dati Inail – aggiunge la presidente Senno – l’agricoltura si colloca al secondo posto in questa classifica, preceduta solo dal comparto industriale”.
Secondo la presidente Senno, dunque: “La strada obbligata da imboccare per favorire anche l’ingresso di giovani nel comparto è quella di rafforzare la sicurezza del settore, avere precise garanzie sulle tutele legate al benessere dei lavoratori agricoli, perché, è bene ricordarlo, il turn over degli addetti nei campi non sale da quel 5/7%, annuo, ormai da decenni. E stupisce il fatto che, nonostante questi dati inequivocabili, l’agricoltura non venga considerata tra i lavori gravosi e usuranti e che, per questo stesso motivo, sia rimasta tagliata fuori, ad esempio, dai beneficiari dell’Ape Social e della pensione anticipata per “i precari”. Non vogliamo fare allarmismo, piuttosto vogliamo fornire una fotografia reale dell’attività agricola, in un orizzonte che comprende più in generale il tema della sicurezza del lavoro”.