“Gli allevamenti inquinanti come le industrie? Un’assurdità”. Così Diego Donazzolo, presidente di Confagricoltura Belluno, si esprime a seguito del Consiglio dei ministri dell’ambiente dell’Unione Europea, durante il quale è stato raggiunto un accordo sulla nuova direttiva per la riduzione delle emissioni industriali, che comprende nel testo anche gli allevamenti bovini, riconosciuti quali attività inquinanti.
Allevamenti: la direttiva
La nuova direttiva presentata a Strasburgo prevede una stretta sulle emissioni inquinanti degli impianti industriali, come stabilito dal piano del Green Deal. E nella proposta sono inclusi anche gli allevamenti bovini, suini e avicoli oltre 150 unità di bestiame.
Un’opzione respinta da Confagricoltura: “Non si possono equiparare le emissioni delle stalle a quelle delle industrie – si indigna il presidente Donazzolo -. Si tratta di norme che non hanno una credibilità scientifica, né una logica, ma sono semmai il frutto di un sistema globale fatto di lobby che punta a distruggere il settore primario made in Italy, che produce e offre prodotti di altissima qualità. Avanti di questo passo rischiamo la desertificazione di un comparto primario per l’agricoltura, qual è quello della zootecnia italiana, andando ad affossare ulteriormente la redditività di un settore che sta pagando duramente l’impennata dei costi di produzione e dell’energia”.
L’augurio per il futuro
Donazzolo si augura che gli europarlamentari italiani intervengano con forza per far modificare il testo: “La zootecnia non può essere assoggettata a una serie di impegni burocratici e limitazioni operative, che rischiano di compromettere la produttività delle imprese agricole – dice -. Per la montagna bellunese gli allevamenti sono la voce primaria dell’economia. Perciò vanno sostenuti e valorizzati, garantendo così anche la manutenzione dei prati e dei pascoli e contrastando il fenomeno dell’abbandono. Se la zootecnia da latte sparisce, la nostra montagna morirà”.
Dai dati Ispra 2020 emerge che le emissioni dell’allevamento bovino italiano pesano appena il 5% del totale (rispetto alla media mondiale del 14,5% – dati Fao), a cui va aggiunto l’aumento di sequestro di carbonio compiuto dalle aree nelle quali si pratica l’allevamento. Sul fronte della sovranità alimentare, qualora si decidesse di includere il settore bovino nella direttiva, la competitività della filiera bovina italiana, già deficitaria per circa il 50%, sarebbe ulteriormente compromessa da un aumento delle importazioni di carne dai Paesi terzi.